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Wolfenstein 3D: una pietra miliare dei videogame tridimensionali

Trent’anni fa iniziavano le sparatorie in prima persona che cambiarono la storia dei videogiochi

IGN

Quello degli sparatutto in prima persona - o "first person shooter", amichevolmente noti come FPS - è un genere che non passa mai di moda, a giudicare dalle vendite di giochi come Call of Duty, Halo e Overwatch. Un genere declinato ormai in tutte le salse e in una miriade di ambientazioni, capace di avanzare di pari passo con le novità tecnologiche, al punto che proprio alcuni suoi esponenti come DOOM, Crysis e Half-Life 2 hanno funzionato come "banco di prova" per le nuove schede video dei PC.

Torniamo indietro di trent’anni, al lontano 1992: ecco che la neonata id Software rispolvera una serie di videogame bidimensionali ambientati in una fortezza di nazisti - intitolati Castle Wolfenstein e Return to Castle Wolfenstein) e li usa come base per dare vita a uno dei primissimi sparatutto in prima persona, sicuramente il primo ad essere davvero capace di attirare a sé l’attenzione del grande pubblico che in quegli anni guardava ai PC come futuro delle macchine da gioco.

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Erano gli anni in cui i processori 386 lasciavano il passo ai più potenti fratelli 486, quando le schede video iniziavano a premere furiosamente sull’acceleratore grazie alle storiche VGA e Super VGA. Un momento ottimo per lanciare sul mercato giochi che riuscissero a mostrare motori grafici avanzati e così, abili nel cavalcare l’onda delle nuove tecnologie, gli sviluppatori del team id Software tirano fuori i pericolosi corridoi di Wolfenstein 3D, un titolo che spiega esplicitamente quello che i videogiocatori dell’epoca potevano attendersi.

Esplorare ambienti tridimensionali non era una novità, capiamoci. Farlo però con un motore grafico così fluido e ottimizzato, ammirando muri così dettagliati e una volta tanto ricoperti da texture era sicuramente una bella novità. In Wolfenstein 3D impersoniamo il super-soldato B.J. Blazkowicz inviato in una serie di missioni contro le forze naziste, operazioni militari che culminano nell’assalto al castello che dà il nome al gioco in un disperato tentativo di eliminare nientemeno che Adolf Hitler stesso.

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Il publisher Apogee Software capì subito di avere per le mani una gallina dalle uova d’oro e studiò per Wolfenstein 3D (noto come Wolf3D a causa dello storico nome dell’eseguibile DOS) un piano di commercializzazione molto intrigante: i primi livelli del gioco furono distribuiti gratuitamente mentre per i capitoli successivi era necessario acquistare il gioco completo via posta, qualcosa di assolutamente innovativo per l’epoca che in parte aveva già funzionato con la distribuzione di alcuni precedenti titoli della software house.

Il successo fu enorme e Wolfenstein 3D divenne rapidamente il punto di riferimento degli sparatutto in prima persona, dando tra l’altro vita a un’ondata di titoli simili creati da team che cercavano di ottenere riscontri analoghi proponendo gameplay (e tecnologie) simili. Il gioco non rappresentava però solo un buon esempio di programmazione: anche a livello di gameplay infatti Wolfenstein 3D era davvero notevole, divertente e impegnativo, ricco di segreti e con livelli (tutti su un singolo piano, una limitazione del rudimentale motore 3D) davvero ben disegnati.

Dopo il grande successo della versione cosiddetta "shareware" il gioco finì anche nei negozi con il sottotitolo di Spear of Destiny, versione con livelli aggiuntivi che si rivelò un altro successo. Il resto è storia: id Software si lancia nell’olimpo delle software house più importanti di sempre e appena due anni più tardi avrebbe nuovamente sconvolto il mondo dei videogame con DOOM e il suo prodigioso motore grafico multi-livello (nonché con la cosiddetta "ultraviolenza", già abbozzata in Wolfenstein 3D e completamente scatenata nel gioco successivo).

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La stessa Apogee Software darà vita a 3D Realms e porterà, tre anni più tardi, il suo noto eroe Duke Nukem in un’ambientazione completamente tridimensionale, dando vita a Duke Nukem 3D, di fatto uno dei pochi veri rivali degli sparatutto targati id Software di quegli anni. Wolfenstein 3D fu poi convertito per una lunga serie di piattaforme, tra cui SNES dove arrivò in forma sorprendente (considerando le limitazioni in ambito 3D della console).

La serie si è più volte riaffacciata sul mercato, sbocciando negli ultimi anni con la saga reboot iniziata con Wolfenstein: The New Order nel 2014 e proseguita con prequel, spin-off e sequel come Wolfenstein: The Old Blood (2015), Wolfenstein II: The New Colossus (2017), Wolfenstein: Youngblood e Wolfenstein: Cyberpilot (entrambi nel 2019).

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