Benché “fondato sul lavoro”, il nostro Paese continua ad avere una percentuale di occupati inferiore rispetto alla media europea. E la situazione, già drammatica dopo la crisi economica del 2008 e la crisi del debito sovrano del 2010, si è aggravata con le pesantissime ricadute economiche della pandemia. Ma sul mercato del lavoro pesa anche il fenomeno del Neet (cioè coloro che non lavorano, non studiano e non sono impegnati in un percorso formazione), che in Italia sono in costante aumento. E anche in questo caso l’Italia è fanalino di coda in Ue: nel Belpaese, secondo l’Eurostat, nella popolazione tra i 15 e i 34 anni i Neet erano il 25% nel 2020 e il 23,1% a maggio 2022.
Dati che mettono in luce tutte le fragilità di un sistema già messo a dura prova dalle crisi, che hanno accentuato ancor di più il divario tra i lavoratori con maggiori professionalità e quelli, più fragili, con minori competenze (soprattutto orientate al digitale e all’innovazione). Aumentando di conseguenza anche lo sbilancio tra domanda e offerta di lavoro, con aziende che non trovano le professionalità di cui hanno bisogno, e lavoratori che non trovano un impiego adatto alle loro competenze.
Ecco quindi che la risposta a quella che si delinea come una sfida per la transizione verso un nuovo modello di lavoro – e che ha subito una forte accelerazione proprio con la pandemia di Covid-19 – non può prescindere dal ruolo centrale della formazione. Che Assolavoro, l’associazione delle Agenzie per il Lavoro italiane, definisce come “la chiave di volta necessaria e vincente per reagire ai cambiamenti in atto”: proprio attraverso la formazione, infatti, si può “ridurre il mismatch tra domanda e offerta di lavoro, favorire un continuo aggiornamento delle competenze, affrontare le transizioni in ambito occupazionale con tutele effettive, rendere più competitive le singole professionalità, le imprese, il sistema Paese”.
E in questo processo di cambiamento giocano un ruolo centrale proprio le Agenzie per il Lavoro: la somministrazione, chiarisce Assolavoro, può considerarsi “una best practice in Italia” grazie “al potente sistema di formazione professionale mirata all’employability dei lavoratori”. E che questo modello di lavoro funzioni è dimostrato anche dai dati relativi alla crisi Covid: il lavoro in somministrazione, secondo i dati dell’Osservatorio Assolavoro DataLab, ha infatti evidenziato una decisa resilienza rispetto ad altre forme di lavoro, con un calo degli occupati in somministrazione del 6,7% nel 2020 rispetto al 2019, contro un crollo dell’occupazione dell’11,7% di tutti gli occupati a tempo determinato. E durante la ripresa, già dai primi mesi del 2021 il lavoro in somministrazione ha superato i livelli pre-Covid. Merito anche delle attività di formazione garantite dal fondo Forma.Temp e di quelle di welfare erogate dal fondo Ebitemp: proprio per questo l’Ocse ha riconosciuto come best practice le attività poste in essere dalle Agenzie per il Lavoro per fronteggiare la crisi, e la World Employment Confederation, ha assegnato, per le stesse ragioni, un riconoscimento internazionale ad Assolavoro.
Conferme che pongono l’accento sul fatto che la formazione è fondamentale per il mercato del lavoro. E quella offerta dalle Agenzie per il Lavoro in Italia rappresenta un modello di riferimento in tutta Europa perché è orientata al risultato: è infatti costruita per rispondere alle esigenze reali delle aziende, tanto che almeno una persona su tre, dopo aver seguito un corso con una Agenzia per il Lavoro, accede a una reale occasione di lavoro. E se ciò non accade, per quell’Agenzia scatta una decurtazione delle risorse.
Anche grazie a questo modello formativo, la somministrazione contribuisce più dell’occupazione diretta a termine all’occupabilità dei lavoratori: la probabilità di rioccupazione entro 30 giorni dei lavoratori in somministrazione è particolarmente elevata (il 55%) e quasi doppia rispetto a quella dei contratti a termine non in somministrazione. Senza contare che la somministrazione rappresenta un vero e proprio strumento d’ingresso nel mondo del lavoro per i giovani, e quindi può essere uno strumento utilissimo per il coinvolgimento e l’inserimento dei Neet, senza il quale l’Italia rischia di rimanere al palo per quanto riguarda la competitività internazionale.
“Attraverso una formazione mirata e continuativa, un sistema integrato di servizi di qualità, una virtuosa interazione tra pubblico e privato, un orientamento al risultato e al monitoraggio puntuale della qualità dei servizi erogati – spiega infatti il presidente di Assolavoro, Alessandro Ramazza – siamo certi che il nostro Paese potrà emergere complessivamente in Europa come buona pratica nei servizi per il lavoro”.