Lʼinquinamento? Colpa dei Data Center, di quei centri di raccolta ed elaborazione dati che attraggono in grandi palazzoni miliardi di dati informatici provenienti da tutto il mondo. Beh non sarà certo tutta colpa loro, ma almeno nel settore dellʼInformation Technology sono i data center sparsi perlopiù in luoghi freddi e poco abitati (dallʼOregon alla Norvegia) quelli che emettono più CO2.
© Ufficio stampa
Montagne Verdi ‒ Per neutralizzare questi effetti Volkswagen si è posta lʼobiettivo di ridurre di 10.000 tonnellate lʼanno le emissioni di CO2 nei suoi data center, e in quello di Green Mountain in Norvegia (nella foto) ha potenziato le capacità di calcolo per inquinare meno. Lʼobiettivo è di arrivare entro il 2027 alla decarbonizzazione (carbon neutral), tre anni prima di quanto previsto dallʼUnione Europea per i data center. Tutti i server dellʼoperatore norvegese Green Mountain sono alimentati al 100% da energia idroelettrica rinnovabile, mentre per un raffreddamento naturale si sfrutta l’acqua del fiordo adiacente.
Scarichi residuali ‒ Che le lotte per lʼambiente siano diventate una priorità globale lo dimostrano anche le politiche attive, come quelle europee per definire i nuovi limiti Euro 7. E lo dimostrano anche le discussioni e il dibattito che suscitano le stesse norme, con non poche frecciate contro Bruxelles. I costruttori auto riuniti nellʼACEA, affermano per bocca del loro presidente Oliver Zipse (Ceo di BMW) che “lʼindustria automobilistica ha preso molto seriamente il suo compito di ridurre sia la CO2 che le altre emissioni inquinanti”, ma proprio la CO2 è sparita dalla foga dei regolatori europei. Tra CO2, NOx e PM, la prima è infatti assente, residuale come un sano migrante a bordo di una nave Ong.
LʼUE lʼha spiegata così: con le auto elettriche in produzione esclusiva dal 2035, il CO2 è destinato a sparire, quindi meglio concentrarci sugli altri tipi di emissioni. Per le Case auto, però, rispettare le nuove norme Euro 7 significa spendere molti soldi senza che si ottengano grandi benefici per lʼambiente. Soprattutto sul diesel sarà uno spreco investire da qui al 2035 risorse per rispettare i nuovi stringenti limiti sulle NOx (biossido di azoto), sapendo poi che questi motori non hanno futuro. Ora sul diesel nessuno vuole aprire un dibattito, lʼaltra Casa tedesca Volkswagen se ne tiene alla larga, per loro sarebbe come riaprire lʼarmadio con i cadaveri dentro, ma sulla CO2 assente cʼè chi apre il fronte, come i produttori di autobus e camion. Per Martin Lundstedt, Ceo di Volvo, il giudizio è tranchant: “lʼEuro 7 non fa bene al clima, non fa bene alla salute delle persone e non fa bene al settore”. Il Settimo Sigillo.
VW usa la pubblicità su Twitter contro Musk ‒ Siamo partiti da Volkswagen e torniamo a Volkswagen, ma per chiudere il cerchio bisogna passare per gli Stati Uniti. Lì cʼè lʼuccellino di Twitter e del neoproprietario Elon Musk, che vuol tenere il social libero dalle fake news e dalle propagande antiscientifiche della politica e poi dà suggerimenti su chi votare alle elezioni di midterm! Incoerenze del giovane Elon, forse è dura sentirsi davvero liberi se si viene da un Paese che per decenni ha avuto lʼApartheid, ma anche questo (lo riconosciamo!) è un pregiudizio. Però Volkswagen un poʼ il colpo in canna ce lʼaveva da tempo: va via da Twitter, nel senso che taglia la pubblicità sul social media.
American Sniper ‒ La pubblicità è unʼarma puntata contro Musk, ormai un suo rivale. Il colosso tedesco sta infatti virando tutto sullʼauto elettrica, con una gamma sempre più completa e articolata di vetture a batteria che, addirittura, ipotizza fra le strategie future lʼabbandono della Golf, poco seducente in abiti elettrici rispetto alle native elettriche di Wolfsburg. Di conseguenza nel mirino Volkswagen cʼè ormai sempre più Tesla di Toyota, sempre più le sfide ardite del magnate sudafricano (che a Berlino ha insediato una gigafactory Tesla) che non le affaticate strategie delle rivali europee.
© Ufficio stampa