In Israele, il blocco dei partiti che sostengono Benjamin Netanyahu ha ottenuto 64 seggi sui 120 della Knesset secondo i dati definitivi (ma ancora non ufficiali) delle elezioni legislative del primo novembre. Il primo partito è il Likud con 32 seggi, seguito dai centristi di Yair Lapid con 24 seggi, e da Sionismo religioso con 14 seggi che diventa così il terzo partito in ordine di grandezza. Netanyahu ha ostentato prudenza, ma non così tanto da non ammettere di "essere vicino a una grande vittoria". Un successo che ha sommerso l'attuale maggioranza di Yair Lapid, ma che sarà fortemente segnato dall'eclatante affermazione della destra radicale sionista religiosa di Itamar Ben Gvir.
Il fronte opposto guidato da Lapid (inclusi Benny Gantz, i Laburisti, Avigdor Lieberman e gli islamisti di Mansour Abbas) è fermo a 50 seggi. Altri 5 - fuori dei blocchi - ne conta la sinistra araba di Hadash Taal. Fuori dalla Knesset resterebbero la sinistra di Meretz, i nazionalisti arabi di Balad e la destra di Ayelet Shaked, che è stata accusata di aver fatto un accordo segreto con Netanyahu per attirare voti moderati di destra da sottrarre ai radicali.
In un annuncio alla stampa la responsabile dello spoglio dei voti Orly Ades ha detto che i risultati ufficiali saranno pubblicati mercoledì, quando saranno consegnati al capo dello Stato Isaac Herzog. Nel frattempo saranno compiute le ultime verifiche.
Lapid si congratula con Netanyahu per la vittoria - Il premier Yair Lapid si è congratulato con Netanyahu per la vittoria. Lapid - al termine dello spoglio dei voti - ha detto a Netanyahu di aver dato istruzioni a tutti i ministeri di prepararsi per un ordinato trasferimento dei poteri. "Lo Stato di Israele è al di sopra di ogni considerazione politica. Auguro a Netanyahu fortuna per il bene del popolo e dello Stato di Israele".
Gli effetti del voto - Fatto sta che l'affermazione di Ben Gvir - e del suo compagno Bezalel Smotrich - pone un problema politico a Netanyahu sia a livello interno che verso l'esterno. L'ideologia radicale del Sionismo religioso - che sembra essere stata premiata dall'elettorato giovane - costituirà il banco di prova della solidità del prossimo esecutivo anche per uno statista esperto come Netanyahu, il premier più longevo della storia di Israele, ancor più del padre della patria David Ben Gurion.
Nel suo primo commento Ben Gvir ha fatto sfoggio di moderazione: "Lavorerò per tutto il popolo di Israele, anche per quelli che mi odiano". Poi ha aggiunto che farà parte di "un governo completamente di destra". E' noto che il deputato radicale ha chiesto già prima del voto il ministero della Pubblica sicurezza, così come sono note le sue convinzioni: annessione dell'intera Cisgiordania senza diritti per i palestinesi; rigetto della soluzione a 2 Stati; mano libera per soldati e poliziotti; messa all'indice degli arabi israeliani "sleali".
Netanyahu dovrà fronteggiare questo quadro. Già prima delle elezioni Usa e Paesi del Golfo hanno ammonito il leader del Likud sull'alleanza con Ben Gvir, che potrebbe avere riflessi sui legami instaurati con gli Accordi di Abramo. L'ex ambasciatore americano in Israele Martin Indik ha previsto "una strada impervia" da percorrere nelle relazioni con gli Usa se Ben Gvir andrà al governo. E non a caso il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price ha auspicato che il prossimo governo "rispetti i diritti delle minoranze".
"Ci auguriamo che tutti i funzionari del nuovo governo israeliano continuino a condividere i valori di una società aperta e democratica, inclusi la tolleranza e il rispetto di tutti, in particolare dei gruppi minoritari", ha affermato Price.
Sul fonte opposto, quello di Lapid, il senso della sconfitta è totale e già volano gli stracci. Il premier - che ha rinunciato a partecipare alla prossima conferenza sull'ambiente Cop27 in Egitto - è stato accusato dai suoi alleati di non aver fatto una buona campagna elettorale. Sotto accusa anche la leader dei Laburisti Merav Michaeli, di cui sono state chieste le dimissioni.