Proseguono le proteste in Iran nonostante l'avvertimento della Guardia Rivoluzionaria a non scendere in piazza dopo sette settimane di agitazioni per la morte della giovane Mahsa Amini. Gli studenti si sono radunati in diverse città iraniane nella notte tra sabato e domenica, sfidando il generale Hossein Salami, che aveva avvertito di non scendere nuovamente in strada. Sono scoppiati violenti scontri tra le forze di sicurezza del regime e gli attivisti che manifestavano per i diritti e la libertà.
Le forze di sicurezza hanno sparato colpi d'arma da fuoco e gas lacrimogeni e hanno colpito gli studenti di Sanandaj, la capitale della provincia del Kurdistan da cui proviene Mahsa Amini.
L'Iran sta vivendo la più importante ondata di proteste dalla nascita della Repubblica islamica nel 1979. Le manifestazioni sono in corso dal 17 settembre e sono scoppiate dopo la morte di Mahsa Amini, avvenuta il 16 settembre a Teheran dopo il suo arresto da parte della polizia morale per non aver indossato il velo nel modo corretto.
Le forze di sicurezza avrebbero creato un cordone di sicurezza intorno alle università del Paese, tra cui quelle della capitale, di Mazandaran e Mashhad. A Teheran la polizia e i paramilitari basij hanno circondato gli studenti in protesta e, in borghese, sono entrati nel campus universitario di Teheran, gridando slogan per intimidire gli studenti assediati e arrestando alcuni di loro. Questi ultimi sono stati i protagonisti delle proteste al grido di "morte al dittatore" anche nella giornata di sabato, con diverse manifestazioni organizzate negli atenei di Teheran, Kerman e Kermanshah.
Sarebbero almeno 160 i manifestanti uccisi dall'inizio delle proteste. Oltre 300 giornalisti iraniani hanno denunciato l'arresto di massa di giornalisti e fotoreporter durante le proteste. Secondo il quotidiano riformista "Etemad", i giornalisti hanno esortato le autorità a rilasciare i colleghi ancora detenuti. Diversi gruppi per i diritti umani hanno riferito di almeno 40 giornalisti arrestati nelle ultime sei settimane, principalmente nella capitale iraniana Teheran. Secondo le fonti, i reporter sarebbero stati arrestati, interrogati e condannati senza alcun processo e senza aver avuto la possibilità di parlare con i propri avvocati.
Gli arresti sono stati definiti "illegali e contro la libertà di stampa" dall'associazione dei giornalisti. Due giorni fa violenti scontri sono avvenuti nella città di Zahedan, capitale della provincia del Sistan e Balochistan, nel sud-est dell'Iran, dove il 30 settembre 96 persone sono morte nelle azioni di repressione delle forze di sicurezza iraniane. Il sito web "Iran International" ha sottolineato che le proteste sono iniziate dopo la preghiera del venerdì, quando una folla di persone si è riversata nelle strade della città per commemorare le vittime del massacro del 30 settembre.
Le forze di sicurezza iraniane avrebbero sparato proiettili sulla folla uccidendo almeno sette persone, in quello che sarebbe il secondo massacro nella provincia in cui risiede la minoranza sunnita dei baluci. Altre manifestazioni sono avvenute anche in diverse città della provincia del Sistan e Balochistan, in particolare a Saravan e Iranshahr a sostegno dell'imam sunnita di Zahedan, Abdul Hamid Ismail Zhi, che nella preghiera del venerdì ha condannato il regime degli ayatollah, definendo le uccisioni e la repressione delle forze di sicurezza "un crimine".