Gli Shahed-136, i terrificanti droni kamikaze fabbricati in Iran stanno prendendo la scena sul conflitto in Ucraina. Sono l'arma più utilizzata dai russi e, nonostante le smentite ufficiali, arrivano direttamente dalle fabbriche di Teheran. Questi velivoli senza pilota hanno preso il posto dei costosissimi missili intercontinentali che ormai scarseggiano negli arsenali di Putin. Stando a quanto dichiarato dall'Ucraina la Russia ne avrebbe ordinati migliaia.
Come funzionano gli Shahed-136 - Il modello 136 (ma si parla anche dei modelli 129 e 191), sono un'arma di ultima generazione costruita e progettata dall'azienda aeronautica iraniana Shahed, con un raggio d'azione di 2.500 chilometri. Gli Shahed-136 hanno delle caratteristiche ali a forma delta con due alette, tecnicamente chiamate endplate, alle estremità che ne migliorano l'efficienza aerodinamica. Sulla parte posteriore è presente il motore che muove una elica a due pale mentre nella parte anteriore della carlinga è posizionato l'esplosivo. Lo Shahed-136 è lungo 3,5 metri e ha una apertura alare di 2,5 metri. Pesa a pieno carico circa 200 Kg (ma di questi 40 kg sono di esplosivo). La velocità massima raggiungibile è di 185 Km/h. Difficilmente rilevabili dai radar per le loro traiettorie a bassa quota e le piccole dimensioni, il loro impiego è ritenuto particolarmente efficace negli attacchi alle infrastrutture, come nel caso dei ribelli sciiti Houthi dello Yemen contro i depositi di petrolio saudita.
Perché gli Shahed-136 sono definiti droni kamikaze - Gli Shahed-136 sono stati ribattezzati droni kamikaze perché non sparano missili ma piombano dritti sul bersaglio carichi di esplosivo, grazie a una tecnologia gps che permette di tracciare l'obiettivo. E' un'arma in diretta competizione con i droni Bayraktar TB2, orgogliosamente forniti all'Ucraina dalla Turchia, di cui secondo gli esperti sarebbero più veloci, arrivando a volare a 180 km all'ora. Ma non mancano i punti deboli.
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I punti deboli degli Shahed-136 - Questi velivoli sono anche molto rumorosi e ritenuti poco efficaci contro bersagli mobili. Il loro basso costo di produzione, tuttavia, ne favorirebbe un uso massiccio, con lanci a raffica. Proprio come avvenuto in questi mesi in Ucraina.
Il costo "irrisorio" e le componenti occidentali - Per lanciare i droni kamikaze vengono utilizzati piccoli razzi che si sganciano immediatamente dopo il decollo. Tocca poi a un normalissimo motore due tempi a quattro cilindri MD-550 da 37 kW (cioè un Limbach L550E di fabbricazione iraniana o cinese) dare la propulsione per tutta la durata della missione. La praticità del lancio oltre alle dimensioni contenute permettono un trasporto agevole del drone che può essere installato sul retro di qualsiasi camion militare o commerciale. Una semplicità di assemblaggio e componenti che fa calare il costo di produzione a "soli" 100mila dollari al pezzo (stiamo pur sempre parlando di armi che di solito valgono milioni di dollari). Ma oltre al danno la beffa. Stando a rottami recuperati dagli ucraini si è potuto scoprire che gli Shahed-136 hanno al loro interno anche componenti di produzione americana ed europea come il processore TMS320 e la pompa del carburante di produzione polacca per conto dell’azienda britannica TI Fluid Systems.