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Università, dov’è la parità di genere? In Italia solo 1 rettore su 10 è donna. Tra i professori ordinari appena 1 su 4 è una docente

A fare chiarezza sul bilanciamento di genere tra le cariche di più alto livello in ambito universitario è il recente Rapporto sulla condizione studentesca 2022 del Consiglio Nazionale sugli Studenti Universitari (CNSU)

Ansa

Dalla neo-premier Giorgia Meloni alla presidente della Corte Costituzionale, Silvana Sciarra, le donne, anche in Italia, stanno finalmente raggiungendo posizioni di vertice e di comando. Allargando ulteriormente l’orizzonte, non si può non citare l’astronauta Samantha Cristoforetti, recentemente alla guida della Stazione Spaziale Internazionale. Ma c’è un mondo che sembra impermeabile alle pari opportunità, specie ad alti livelli: è l’università. A partire dai rettori. A ricoprire questa carica sono appena 9 su oltre 80, come balza all’occhio dall’elenco CRUI.

E fermandoci un passo indietro, alla docenza, le dinamiche non cambiano: finché si tratta dei primi gradini della carriera - ricercatori e professori associati - i rapporti di genere sono molto simili, ma se si isola il dato dei professori ordinari, le docenti sono in netta minoranza. Sui circa 57.000 addetti alla didattica che operano nei nostri atenei - pubblici e privati - le donne sono, infatti, il 46% dei ricercatori, il 41% dei professori associati ma solamente il 26% degli ordinari. A segnalarlo è un’analisi del portale specializzato Skuola.net sul Rapporto sulla condizione studentesca 2022 prodotto dal CNSU (Consiglio Nazionale sugli Studenti Universitari).

Poche le docenti nell'area STEM

Inoltre, iniziando con un’analisi generale del corpo docente, ci si accorge che in alcune aree disciplinari la situazione della componente femminile è complessivamente critica. Raggiungendo il punto più basso nel segmento “ingegneria industriale e dell’informazione”, dove le donne sono solo il 18% dell’intero corpo accademico. Basse percentuali si registrano, però, anche nelle “scienze fisiche” (22%) e nelle “scienze matematiche e informatiche” (30%). In controtendenza, con le donne che sono più degli uomini, vanno invece le aree delle “scienze biologiche”, delle “scienze dell’antichità”, di quelle “filologico-letterarie” e di quelle “storico-artistiche”, dove la componente femminile rappresenta il 54% degli accademici. Un bilanciamento perfetto lo si ha, infine, nelle “scienze chimiche”.

Ma, come sottolinea il portale Skuola.net, è isolando i dati degli ordinari che ci si accorge di come in tutte le aree gli uomini siano nettamente più rappresentati, con le donne che sono solo il 12% degli ordinari nell’area di “ingegneria industriale”, il 14% nelle “scienze fisiche” e il 19% nelle “scienze mediche”. Solo nei settori delle “scienze dell’antichità”, nel campo “filologico-letterario” e in quello “storico-artistiche” arrivano a essere più di 4 su 10, ma accade solamente qui.

Qualcosa lentamente si muove: in vent’anni 10% di donne in più nel corpo accademico

L’unica fonte di lieve ottimismo proviene solo se si dà uno sguardo ai cambiamenti che si sono verificati nel corso dell’ultimo ventennio. Il Rapporto del CNSU si sofferma, infatti, su un arco temporale che va dal 2000 in poi; mostrando come il numero di donne sia costantemente aumentato: all'inizio del nuovo millennio gli uomini ricoprivano addirittura il 71% delle posizioni, nel 2010 erano il 65%, nel 2020 il 61%. Mentre, per quel che riguarda i posti da ordinario, nel 2000 le donne erano appena il 13%, nel 2010 erano diventate il 20%, nel 2020 sono arrivate a essere il 25%. Sempre nel 2000, le donne erano il 28% degli associati e il 42% dei ricercatori, nel 2010 erano salite rispettivamente al 35% e al 45% nel 2020 sono arrivate al 40% e al 46%.

Il paradosso: a scuola il gender gap è al contrario

“Purtroppo la composizione della classe docente nel comparto scuola e università è la rappresentazione plastica degli stereotipi di genere in Italia. Infatti, se tra i docenti universitari latita la componente femminile, nella scuola avviene l’esatto contrario: nella fascia 0-6 gli educatori di sesso maschile solo l’0,83% del totale, per poi crescere progressivamente fino ad arrivare ad un più consistente 33% alle scuole secondarie superiori. I nostri studenti crescono quindi con un messaggio implicito e costante sull’esistenza di ruoli di genere. Chiaro che se vogliamo puntare a una società futura in cui ci sia più parità tra i due generi in tutti i settori della società e del lavoro, il primo passo va fatto nei luoghi in cui i giovani si formano”, così Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net. 
 

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