il caso

Iran, 17enne ucciso a colpi di arma da fuoco durante le proteste

Intanto, i genitori di Mahsa Amini hanno respinto il referto medico ufficiale secondo cui la morte in detenzione della giovane non sarebbe stata dovuta a "percosse"

© Twitter

Un 17enne è stato ucciso durante le proteste in Iran. Lo riporta la Bbc, specificando che l'8 ottobre, l'adolescente, Abolfazl Adinezadeh, aveva saltato la scuola per partecipare a una delle manifestazioni innescate dalla morte di Masha Amini, la 22enne deceduta mentre si trovava sotto la custodia della polizia dopo essere stata fermata perché non indossava correttamente il velo, nella città di Mashhad. Le forze di sicurezza iraniane gli avrebbero sparato a bruciapelo con un fucile.

Dopo aver partecipato alla protesta, il 17enne non sarebbe più tornato a casa. Inizialmente, i genitori di Abolfazl non avevano idea di cosa gli fosse successo. Solo il giorno successivo, sarebbero stati contattati dalle autorità, che avrebbero detto loro di andare a prendere il figlio alla stazione di polizia locale. Quando sono arrivati, gli sarebbe stato detto che era morto e di "non parlare con i media della questione".

Le autorità non hanno commentato la notizia. Ma il suo certificato di morte, ottenuto dalla Bbc, dice che è morto a causa di danni al fegato e ai reni causati da ferite da proiettili da caccia. Le stesse fonti hanno citato un medico secondo il quale il 17enne è stato colpito a meno di un metro di distanza. "Che crimine aveva commesso per morire così?", ha dichiarato il padre di Abolfazl al suo funerale, come mostra un video diffuso sui social.

I numeri - Secondo l'agenzia degli attivisti per i diritti umani iraniani Hrana, da quando le manifestazioni sono iniziate, almeno 244 manifestanti, inclusi 32 bambini, sono stati uccisi dalle forze di sicurezza durante la repressione. La stessa agenzia stima che più di 12.500 persone siano state arrestate, molti sono giovani e bambini. 

La famiglia di Amini respinge il rapporto medico sulle cause della morte - Intanto, i genitori di Mahsa Amini hanno respinto il referto medico ufficiale secondo cui la morte in detenzione della giovane iraniana di origine curda non sarebbe stata dovuta a "percosse": lo riferisce il quotidiano Etemad, citando un avvocato della famiglia. Il 7 ottobre, l'Organizzazione forense iraniana ha dichiarato in un rapporto che "la morte di Mahsa Amini non è stata causata da colpi alla testa e agli organi vitali", ma sarebbe collegata a "un intervento chirurgico per un tumore al cervello quando aveva otto anni". "Gli avvocati hanno respinto il rapporto" in un comunicato all'autorità giudiziaria, ha detto al quotidiano Etemad un avvocato dei genitori, Me Saleh Nikbakht. La famiglia della giovane ha chiesto "il riesame della causa della morte" e a tal fine ha chiesto ai tribunali di "scegliere cinque specialisti (in particolare neurochirurgo e cardiologo, ndr) da un elenco di dieci medici selezionati dai genitori di Mahsa Amini".

La difesa deve poter "ottenere chiarimenti su come si è svolta l'indagine e sul ruolo della persona o delle persone coinvolte nell'arresto di Mahsa e nel suo trasferimento alla sede della polizia, per poter difendere i diritti dei genitori e (…) rimuovere le incertezze sulla causa della morte", ha affermato ancora il legale di Amini. Il 19 settembre, Amjad Amini, il padre della giovane, ha assicurato all'agenzia Fars che sua figlia era "in perfetta salute". A fine settembre Me Nikbakht aveva segnalato che la famiglia Amini aveva sporto denuncia contro la polizia che aveva arrestato la giovane.

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