Se oggi si parla di Brera si pensa a una Milano colta e raffinata, un quartiere con strette vie di ciottoli, palazzine eleganti e negozi d’arte e d’antiquariato, che lo rendono uno dei borghi più iconici della città. Ma non ci sarebbe la Brera di oggi, senza il passato e i valori che questo quartiere ha sempre saputo preservare.
Ai tempi dell’unità d’Italia, Brera era una zona molto povera con case umili e mal ridotte a causa della guerra e anche malfamata, conosciuto come uno dei quartieri “a luci rosse” più noti di Milano. Poi con gli anni della speculazione edilizia e la pubblicazione del Piano Regolatore del 1953, il primo piano urbanistico del Comune di Milano, prendeva piede la chiara e implicita intenzione di demolire le case di intere vie. Tuttavia, la forte opposizione popolare di fronte all'idea di smantellare il quartiere portò alla ristrutturazione degli immobili, senza demolirli, riuscendo a salvaguardare in quell’angolo della città, quel senso di intimità e di calore vissuto, che solo i borghi antichi, come quello di Brera, sono capaci di trasmettere.
Oggi questa tendenza alla valorizzazione dell’antico e la voglia di preservare la tradizione trova un esempio evidente nella Ditta Crespi. Un negozio di prodotti artistici di primissima qualità, situato all’angolo di via Brera e via Fiori Oscuri, a pochi metri dalla Pinacoteca.
L'azienda fu avviata nel 1880 da Cesare Crespi e da sua figlia Elena. Lei, donna tenace e di spessore, ha capito fin da subito il grande potenziale che poteva avere un'attività come la loro, così legata al mondo dell'arte, e soprattutto in una posizione strategica come Brera, meta di artisti che da tutto il mondo arrivavano a frequentare l'Accademia delle Belle Arti, istituita nel 1776, oggi una delle scuole più importanti al mondo.
Sono quattro le generazioni che, con impegno e dedizione, hanno portato avanti l’attività di famiglia. Ora è Massimo Morlacchi a guidare, con grande orgoglio, la bottega, dopo il passaggio di testimone da parte del padre, Cesare Morlacchi, il nipote di Cesare Crespi. Aveva appena quattro anni Massimo Morlacchi quando Elena Crespi, sua zia, aveva iniziato a gestire il negozio, eppure la ricorda con una tenerezza rara: da sempre dedita al lavoro, con un'ampia visione sulle cose e con quello spirito imprenditoriale di chi sa fare la differenza. E c’è molto in lui di lei. Uomo colto e raffinato, laureato in scienze politiche all’Università Cattolica, Massimo Morlacchi ha rivelato che il suo sogno da ragazzo era quello di diventare uno scrittore o un giornalista, proprio come Dino Buzzati, cliente fisso del negozio Crespi, nonché grande amico di Elena, poi la scelta di seguire le orme del padre e della zia e portare avanti e ampliare l’attività di famiglia.
Da oltre 140 anni, la Ditta Crespi conserva ancora l’antica insegna color oro zecchino e in quell'angolo di Milano si può rivivere a pieno l'atmosfera del tempo che fu. Entrare da Crespi significa immergersi in un universo artistico, in un mondo di Belle Arti, dove i colori, i cavalletti, i quadri appesi, le tele e tanto altro sono in grado di suscitare una curiosità forte, viva. Quella curiosità propria di chi ha voglia di conoscere, di esprimersi senza usare le parole, di scoprire cosa ognuno di noi può essere in grado di fare di fronte a una tela bianca e con un pennello in mano. Siamo tutti, a modo nostro, un po' artisti e anche i più scettici, se entrassero da Crespi, si accorgerebbero di quanto l’arte, la bella Arte, possa trasmettere, insegnare, appagare.
Appena si varca la soglia del negozio di Via Brera 28 si rimane stupiti dal quantitativo di merce presente, e che merce. Da anni, le migliori fabbriche di prodotti per le Belle Arti affidano i loro materiali alla Ditta Crespi perché sanno che qui in Brera c’è il giusto punto di riferimento per entrare nel mercato. E la bottega Crespi è molto più che un’officina dell’arte. È un luogo d’incontro, di dialogo continuo, dove artisti e appassionati d’arte chiedono consigli, cercano l’ispirazione e trovano ciò di cui hanno bisogno. Da sempre, la filosofia dell’azienda verte attorno ai valori della bellezza, della tradizione e della condivisione. "Non c’è arte senza condivisione – rivela Massimo Morlacchi – nell’arte non esiste l’egoismo. Ogni vero artista è spinto dal bisogno di comunicare qualcosa agli altri, di renderli partecipi della sua visione del mondo, del suo stato d’animo, del suo stile. Ogni opera d’arte lascia un segno, un’eredità e se non condivisa non ha senso nemmeno che venga creata".
Uno dei tanti aspetti belli della Ditta Crespi è che, nonostante sia passato più di un secolo da quando è stata avviata l’attività, molte cose sono rimaste identiche, e tali si vuole rimangano. Le vetrine mostrano i segni del tempo, uguale per gli scaffali e le pareti, tutto così intriso di storia. In alto a sinistra c’è un grande orologio a muro, con le lancette ferme immobili da chissà quanto tempo, neppure il signor Massimo lo sa, ma nessuno trova il coraggio di toccarlo e rimetterlo in funzione. È testimone del susseguirsi di quattro generazioni. È l’emblema di un luogo senza tempo che, proprio come l’arte, comunica la sua eternità.
Alla domanda di cosa lo affascina di più del suo lavoro e del mondo dell’arte, Massimo Morlacchi dichiara: "Senza dubbio, le persone. Il parlare, consigliare, discutere, confrontarsi con la gente. Condividere con la propria clientela l’amore per l’arte ma anche per le più semplici questioni che riguardano la quotidianità è ciò che più mi piace. Ogni opera d’arte, se ben fatta ovviamente, ti parla, ti trasmette emozioni, racchiude dentro di sé della vita e per quanto astratta possa essere, se la guardi attentamente, trovi sempre un significato concreto, tangibile. Lo stesso vale per le persone".
Entrando da Crespi non solo viene naturale guardarsi attorno, alzare lo sguardo verso i dipinti appesi, ammirare le tele arrotolate e le dispense piene di mille tipologie di colori, come il blu oltremare e il grigio di Payne (pittore inglese che inventò questa tonalità di grigio, ndr), che sono i preferiti di Massimo Morlacchi, ma impari anche molto. Si può prendere spunto dagli altri artisti e ricercare con il tatto il materiale giusto per la propria opera. Perché come ha detto la storia e critica d’arte, Jacqueline Ceresoli, grande amica di Massimo Morlacchi: “Tutti rubiamo qualcosa dagli altri, il segreto è saperlo fare con destrezza” e da Crespi ognuno, a modo suo, ha la possibilità e i mezzi per trovare la sua di unicità, la sua di identità.