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Trent'anni di Mortal Kombat, il picchiaduro più brutale della storia dei videogiochi

Tre decenni trascorsi tra fatality e personaggi sopra le righe per il franchise di NetherRealm Studios, una delle serie videoludiche più violente di sempre

© IGN

Parlando di ricorrenze importanti nel mondo dei videogame, eccoci a celebrare i trent’anni di una serie che ha da sempre fatto parlare di sé a causa dell’alto tasso di violenza portato su schermo. Quindici videogame, tre film, un telefilm, una serie animata, a cui si aggiungono tonnellate di fumetti e merchandise di ogni genere: quella di Mortal Kombat è una storia ricca e costellata di successi, dall’alto degli oltre settanta milioni di copie vendute per i numerosi prodotti che compongono questa serie.

Tutto ha inizio col lancio dell’acclamato Street Fighter II di Capcom, nel 1991, un titolo che travolge il mondo dei videogame scatenando la mania dei giochi di combattimento uno-contro-uno: di lì a poco praticamente qualsiasi software house avrebbe proposto la propria variazione sul tema.

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Midway, produttore di videogame statunitense, non fu da meno e mise nelle mani dei designer Ed Boon e John Tobias lo sviluppo del proprio "picchiaduro", scegliendo però una strada decisamente particolare, ovvero quella dell’ultraviolenza: i lottatori in Mortal Kombat non si sarebbero solo picchiati, ma l’avrebbero fatto in scontri all’ultimo sangue. Al fine di rendere il tutto più realistico, Mortal Kombat sceglie di mostrare i suoi combattenti fotografando veri esperti di arti marziali, soluzione già tentata nel 1990 da Atari con Pit Fighter, un’idea che Tobias si coccola da addirittura prima dell’uscita del rivale firmato Capcom.

Il designer studia quindi una trama fatta da lottatori buoni e cattivi che si sfidano in un torneo leggendario per decidere il fato di tutta l’umanità: il tono sovrannaturale della storia permette d'inserire lottatori sopra le righe e così nascono personaggi indimenticabili come i ninja Scorpion e Sub-Zero o il perfido Kano e il suo occhio bionico. Sette combattenti, per l’esattezza, che formano (assieme a due "boss") il gruppo di protagonisti, ciascuno munito del suo stile di lotta e delle sue mosse speciali, tra sfere di fuoco, lanci spettacolari e veri e propri incantesimi, tra cui il distintivo attacco congelante di Sub-Zero.

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Per dare un’adeguata fisicità alle animazioni dei personaggi lo stesso John Tobias chiamò in causa l’amico Manuel Pesina, maestro di arti marziali che si prestò per le sessioni di motion-capture interpretando i personaggi di Johnny Cage, Scorpion e Sub-Zero, nonché del lottatore segreto Reptile. A lui si sono aggiunti altri attori per i ruoli di Kano, Liu-Kang e del "boss" Shang-Tsung, arrivando a un bizzarro set di soli lottatori maschi, qualcosa che alla produzione non andò bene: ecco dunque che dopo una versione di prova con soli sei lottatori selezionabili ne seguì una in cui veniva introdotta Sonya Blade, l’unica combattente femminile del primo Mortal Kombat, interpretata da Elizabeth Malecki.

A chiudere il team di combattenti che si sarebbero affrontati su schermo troviamo l’enorme Goro, gigante con quattro braccia per la cui animazione il team si è affidato alla cara vecchia tecnica dello stop-motion utilizzando un modellino.

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Impossibile non ammettere che oltre al cast di personaggi sopra le righe, alla grafica digitalizzata - con oltre trecento fotogrammi di animazione per ciascun lottatore - e agli incisivi effetti sonori, Mortal Kombat fece parlare di sé principalmente per l’inusitata quantità di violenza e sangue portata su schermo, che culmina con le ormai fantomatiche Fatality, mosse finali che uccidono gli avversari sconfitti in modi cruenti.

Decapitazioni, gente che strappa il cuore al nemico e addirittura un lottatore che estrae l’intera colonna vertebrale dell’avversario: tutte scene che hanno permesso a Mortal Kombat di ottenere la fama di uno dei videogiochi più violenti della storia e che hanno contribuito a lanciarlo nell’olimpo dei titoli di combattimento più famosi di sempre.

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All’uscita della versione da sala giochi nel 8 ottobre del 1992 fanno seguito numerose conversioni per sistemi da casa - compresi Mega Drive, Super Nintendo e Amiga. È l’inizio di un grande successo commerciale, nonché di lunga serie di titoli che continua fino a oggi, quando ormai i personaggi in 3D hanno sostituito gli attori in carne e ossa mentre la violenza e il gusto particolare e folle della saga sono rimasti praticamente inalterati.