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Molly come Carolina, "spinta al suicidio dai contenuti online" | Il padre della 14enne novarese: "Alzare i limiti d'età per i social"

Sentenza storica in Gran Bretagna: Instagram e Pinterest riconosciute dal coroner tra le cause che hanno portato Molly Russell a togliersi la vita a soli 14 anni

Tgcom24 - Molly Russell (a sx) e Carolina Picchio (a dx)

Morta per gli "effetti negativi dei contenuti online": è la conclusione dell'inchiesta presentata dal coroner alla corte di Londra sul suicido della 14enne britannica Molly Russell. I fatti risalgono al 2017. L'adolescente soffriva di depressione, ma la sua condizione è stata esasperata dall'esposizione ai contenuti dei social media (quali Instagram e Pinterest), "particolarmente espliciti", incluse migliaia di immagini che spingevano a forme di autolesionismo, fino a quella estrema di togliersi la vita. Il caso ricorda quello della studentessa novarese Carolina Picchio, che nel 2013, a 14 anni, si lanciò dalla finestra di casa dopo essere stata vittima di cyber bullismo. Da allora il padre si batte per chiedere "una vera educazione digitale" e di innalzare i limiti di età per l'uso dei social.

Carolina, la 14enne di Novara che si tolse la vita dopo le offese sul web

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Carolina, così come Molly, si è uccisa a soli 14 anni. Alcuni giovani avevano diffuso un video in cui mimavano atti sessuali sul suo corpo; era stata presa di mira dopo che aveva bevuto troppo. Quando il video iniziò a circolare, la giovane venne denigrata con migliaia di messaggi e finì col togliersi la vita. Il padre, Paolo Picchio, ha voluto creare una fondazione in memoria della figlia e si batte affinché non si ripetano tragedie simili. "Come Ian, il papà di Molly, anch'io non mi fermerò fino a quando le cose non cambieranno davvero", dice a La Stampa.

"La presenza di bambini e preadolescenti sui social oggi è un rischio assurdo, che non possiamo più permetterci. Di Carolina ne abbiamo avute fin troppe. Bisogna applicare il concetto di sostenibilità anche al digitale", sottolinea chiedendo di alzare i limiti d'età per i social. "Al di sotto dei 16 anni i ragazzi non hanno la formazione e la consapevolezza necessaria per superare da soli certe sopraffazioni. I grandi ci passerebbero sopra, mentre per loro sono un dramma: si sentono assaliti dalla vergogna e finiscono per chiudersi in se stessi. L' educazione digitale oggi riguarda sempre più la salute mentale dei nostri giovani".

"Le famiglie - afferma - hanno un'enorme responsabilità. Prima di tutto si tratta di dare il buon esempio: i genitori non possono pretendere attenzione dai propri figli se a tavola sono i primi a non staccarsi dallo smartphone. Non si può neanche lasciare un telefono nelle mani di un ragazzino pensando che ne farà buon uso anche quando lo usa solo nella sua cameretta".

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