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Elezioni senza parità di genere: le donne in Parlamento sono il 31%, primo calo in 20 anni

Nel 2018 la rappresentanza femminile era al 35%. Non solo, le elettrici nelle ultime Politiche hanno anche votato meno: l'affluenza maschile alle urne è stata maggiore

Ansa

Se l'Italia si prepara ad avere per la prima volta con grandi probabilità una donna alla presidenza del Consiglio (Giorgia Meloni), "il Parlamento che verrà avrà ancora meno donne di quello uscito dalle urne nel 2018: dal 35% di allora al 31% di oggi", spiega Flaminia Saccà, docente di Sociologia dei fenomeni politici all'Università La Sapienza di Roma. E' il primo calo in oltre 20 anni, dalla XIV legislatura del 2001, quando le quote rosa erano al 10,17%, in leggera crescita sulla precedente. Non solo: le donne hanno anche votato meno. "Sono il 51,74% degli aventi diritto al voto. Ma il 25 settembre si è recato al voto il 65,74% degli uomini e il 62,19% di donne", spiega Davide Del Monte di onData.

L'avanzata delle quote rosa in Aula - Dal 2021 il progresso sulla parità di genere nel mondo politico era stato evidente: 15,94% di elette nella XV legislatura, 19,63% nella XVI, 30,11% nella XVII e 35% nella XVIII. Dalle urne del 25 settembre, invece, la controtendenza: le donne in Parlamento saranno il 31%: il primo calo in 20 anni.

L'analisi dei risultati del 25 settembre - "In quasi 9 comuni su 10 (87,18%) l'affluenza maschile è maggiore di quella femminile. Male Napoli dove la percentuale di votanti è del 52% tra gli uomini e del 46% tra le donne. Tra le grandi città la peggiore è Catanzaro, con una differenza del 7,26% tra uomini e donne. C'è una minore propensione al voto da parte delle donne".

La vittoria del centrodestra guidato da una donna, quindi, è frutto di un voto "fatto principalmente da uomini". Ma in cui, "quando le donne hanno fatto lo sforzo di uscire di casa per andare a votare, hanno scelto in maggioranza Fratelli d'Italia", aggiunge Saccà. Il 27% dell'elettorato femminile, infatti, ha optato per Fratelli d'Italia. Il 21% per il Pd, il 15% per il M5s.

L'affluenza alle elezioni politiche in Italia dal 1948 a oggi

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"I partiti che pure hanno fatto della parità di genere un punto di forza dei propri programmi, come il Pd, non sono riusciti a eleggere le donne in condizione paritaria", spiega Saccà. "Troviamo più donne elette nel partito di Calenda e nel Movimento 5 Stelle".

A snocciolare i dati - ancora provvisori - delle elette nei vari partiti ci pensa un tweet proprio del leader di Azione: è donna il 46% dei futuri parlamentari di Italia viva e Azione, il 45% per il Movimento 5 Stelle, il 31% di Pd e di Alleanza Verdi-Sinistra, il 30% di Forza Italia e Fratelli d'Italia e il 29% della Lega.

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I commenti politici - "Su 119 parlamentari del Pd 36 donne sono un numero troppo basso, questo è un tema da congresso, non i nomi", scrive su Twitter la (rieletta) deputata dem Chiara Gribaudo. "La cultura patriarcale nel Pd consiste in quello che è successo -spiega -: alcune donne in vista ce la fanno, ma si fa fatica a far crescere una classe dirigente sul territorio, anche se le donne ci sono".

"Non vedo Letta e la sua segreteria come patriarcali", smorza Debora Serracchiani, capogruppo uscente del Pd alla Camera che ammette però un problema sulle candidature: "Forse abbiamo sottovalutato l'effetto che il taglio dei parlamentari avrebbe avuto sulla rappresentanza di genere".

"Noi di Fdi crediamo nella presenza femminile e siamo orgogliosi e orgogliose di avere l'unica donna presidente di partito e - ora possiamo dirlo - unica donna candidata premier", commenta senza nascondere la soddisfazione Isabella Rauti. "Le donne in politica possono. Ma a destra, non a sinistra. Prima con Elisabetta Casellati alla presidenza del Senato, oggi con Meloni", ammette da Italia Viva Teresa Bellanova, vice ministra uscente ai Trasporti. "C'è un punto di sconfitta per chi come me ha fatto battaglie femministe: non basta avere la rappresentanza paritaria. Credo che nella politica si sia inserito un virus: quello dei leader solitari. E noi donne purtroppo siamo state contagiate", dice Bellanova.

"Siamo in un Paese che dal punto di vista culturale non è ancora abituato a vedere donne nei posti di potere", commenta Chiara Appendino, ex sindaca di Torino e ora con il Movimento 5 Stelle alla Camera. "C'è molto da fare e anche per questo, un po' controcorrente, penso che, per quanto non condivida nulla delle politiche di Giorgia Meloni, una donna premier possa dare un messaggio. Certo saranno importanti anche le politiche che farà per le donne e su questo siamo lontane anni luce".

"Ho il privilegio di appartenere a un Movimento che ha sempre puntato sulla rappresentanza femminile", aggiunge la sua collega di partito Paola Taverna. "Ma mi rendo conto che da donna a livello sociale è molto difficile portare avanti tutti gli impegni in con agevolezza". Per la vicepresidente uscente del Senato c'è anche una questione culturale: "Si concentravano più sulle mie scarpe che sui miei disegni di legge", dice ricordando anche alcuni titoli poco felici riservati all'ex sindaca M5s Virginia Raggi. "Alcune donne possono essere attaccate in maniera offensiva senza considerare la qualità o il ruolo che svolgono, ma semplicemente in quanto donne".

"La legge elettorale permetteva un minimo di pianificazione in termini di parità di genere: quindi la responsabilità dei numeri del prossimo Parlamento è dei partiti", afferma Giulia Pastorella, vice segretaria di Azione, soddisfatta del risultato del tandem Azione-IV, che vanta la percentuale più alta di donne elette. "All'inizio c'era un problema di presenza femminile, soprattutto tra i militanti. Abbiamo quindi messo nei posti dirigenziali - comitato promotore e cariche del congresso - tante donne. Poi sono arrivate le ministre del governo Draghi che hanno aiutato i due partiti che avevano una chiara leadership maschile mentre adesso si presentano con una classe dirigente completa".

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