Nel Parco archeologico di Selinunte, in Sicilia, torneranno a svettare le tre ciclopiche colonne del Tempio G, il più grande dell'area, risalente al V secolo a.C. Proprio come erano in originale, le colonne saranno alte sedici metri e saranno ricostruite da un team di esperti impegnati in un progetto che durerà un anno. La Regione Sicilia ha messo a disposizione 5 milioni di euro per gli interventi di restauro.
Il monumento nella storia - Orgoglio dell'antica Selinus, il Tempio G è l'edificio sacro, grande come un campo di calcio, che 2.600 anni fa si ergeva a testimone di pietra della potenza e della ricchezza della gloriosa e colonia greca fondata dagli uomini di Megara Hyblea.
Tra i primi sostenitori del progetto di ricostruzione delle tre colonne c'era il compianto archeologo Sebastiano Tusa, che nel 2010 era impegnato in campagne di scavo nel parco siciliano.
Sarà un cantiere enorme, "sempre aperto al pubblico", assicura il direttore del parco Felice Crescente. E che richiederà il contributo anche di altre università oltre a quella di Urbino, se si pensa che con i suoi 109 metri di lunghezza e i 50 di larghezza, l'edificio - secondo le ultime ipotesi dedicato a Zeus - viene considerato il più grande tempio "periptero", ovvero a colonne libere, del Mediterraneo antico.
Una meraviglia che, dopo la conquista cartaginese, i terremoti e i secoli trascorsi, appare oggi come un immenso cumulo di macerie e che la ricostruzione di qualche colonna potrebbe rendere di fortissimo impatto. "Non puntiamo sulla spettacolarità, spiega l'archeologo Oscar Mei dell'Università di Urbino. - Qui non si tratta di una ricostruzione del tempio, bensì di una grande operazione scientifica di ricerca e di tutela".
L'innalzamento di alcune delle colonne del lato sud, scelte tra quelle che nel crollo sono rimaste più integre con tanto di capitelli, avrebbe quindi prima di tutto un fine di conservazione. Anche se certo "sarebbe un modo per rendere il monumento più leggibile per i visitatori".
"Già in questi anni, - rivela Mei, - sono stati fatti molti passi avanti per chiarire il mistero di queste rovine. Si è capito, per esempio, che quello che sembrava un tempio mai finito era invece un edificio non del tutto rifinito". "Mancavano le scanalature delle colonne, che di solito si fanno all'ultimo, e non erano stati completati gli elementi di decorazione, anche i gradini della base non erano stati scalpellati", spiega, tanto che oggi gli archeologi sono sicuri che il grande tempio fosse pienamente in uso quando nel 409 a.C. i cartaginesi si impadronirono della città.
"Probabile che fossero sopraggiunti semplicemente problemi economici al momento di provvedere alle decorazioni, - ipotizza. - D'altra parte era da tempo chiaro che la costruzione dell'enorme tempio era andata avanti per decenni". Arrivati dal mare, i soldati di Annibale misero a ferro e fuoco la ricca colonia. Non furono loro però a ridurre in macerie i templi. A quello ci pensarono i terremoti, probabilmente in epoca medievale. E poi anche il trascorrere del tempo, visto che nel Settecento qualche colonna era ancora in piedi.
Gli step del progetto - Si parte dallo studio, cominciando con indagini archivistiche, bibliografiche e iconografiche sul tempio. Contemporaneamente si andrà avanti con i rilievi fotogrammetrici e quelli fatti con il laser scanner 3d, si mapperanno i materiali con cui fu costruito. E poi ancora sarà la volta di prospezioni geofisiche tutto intorno al tempio, per vedere se c'erano altri edifici primo fra tutti l'altare, e si procederà a sondaggi nel terreno accanto al suo perimetro. Senza tralasciare una ripulitura dell'area dalla vegetazione infestante.
Per l'assessore regionale dei Beni Culturali, Alberto Samonà, l'attività di restauro sarà "un grande cantiere della conoscenza che farà scoprire al mondo intero la maestosità di questo edificio sacro, considerato uno dei più grandi dell’antichità classica. Un sogno che si realizza e un progetto che attirerà l’attenzione del mondo su Selinunte".
"Sarà un grande cantiere della conoscenza, - assicura Samonà, - attrezzato per consentire ai visitatori di seguire da vicino i lavori con un angolo multimediale dove sarà proiettata la ricostruzione virtuale del tempio".
Un progetto dunque che passerà alla storia e che ridonerà al tempio la sua maestosità, anche grazie alla partecipazione di archeologi come Valerio Massimo Manfredi, Oscar Mei e Claudio Parisi Presicce.
Non molto lontano, però, si erge imponente il tempio E, ricostruito negli anni Cinquanta con largo uso di cemento armato. Mei sorride. "Oggi, - commenta, - nessuno considera più quella ricostruzione un esempio da seguire. Allora si faceva così, ma dagli errori si impara".