È stata la sua seconda volta, ma la sorpresa e soprattutto le polemiche non sono mancate: è il "talloncino antifrode" allegato alle schede elettorali di Senato e Camera, una "novità" in realtà introdotta dal "Rosatellum", valida solo per le elezioni politiche, e che ha fatto il suo debutto il 4 marzo 2018. Già allora, ci fu un certo rallentamento ai seggi, con code anche di varia entità, problemi che in parte si sono riproposti anche a queste elezioni. Vediamo di cosa si tratta.
Il tagliando rappresenta un sistema di sicurezza messo a punto per contrastare la possibilità di sostituzione della scheda elettorale all'atto del voto. Si tratta di una parte inferiore della scheda elettorale, perforata, di forma rettangolare e rimovibile: ha codice alfanumerico e il presidente o lo scrutatore lo staccano prima di inserire la stessa scheda nell'urna.
La procedura - La procedura prevede che gli addetti al seggio, prima di consegnare la scheda all'elettore, abbiano cura di annotare il relativo codice del tagliando antifrode sulla lista sezionale in corrispondenza al nominativo dell'elettore stesso, o nella colonna delle annotazioni. E già questa operazione, ripetuta per le due schede di Camera e Senato, ha dei tempi abbastanza lunghi. Successivamente, dopo che l'elettore è uscito dalla cabina e ha espresso il suo voto, tocca al presidente, o a un suo delegato, di staccare il tagliando antifrode e di mettere la scheda nell'urna: operazione che prevede anche la conservazione in buste distinte dei due tagliandi di colore diverso, e che anche in questo caso può prendere del tempo in più rispetto al passato. In sostanza, l'elettore non può più mettere direttamente la scheda nell'urna, come avveniva prima (tranne nel caso delle elezioni regionali), ma deve consegnarla ripiegata al presidente del seggio che deve controllare tramite il tagliando, che il numero corrisponda a quello annotato in precedenza sul registro elettorale.