La Leggenda di Filippo Saporito e del giardino in città
Conoscenza e sperimentazione del ricettario del territorio sono rappresentativi della cucina familiare e innovativa di chef Saporito e Ombretta Giovannini
La Leggenda dei Frati a Villa Bardini
La Toscana è una terra magica, dove ogni paese, ogni chiesa, ogni giardino nasconde un segreto e una storia. Per chi ha la pazienza di ascoltare, la voglia di scoprire e la capacità di immaginare, vogliamo raccontare di tre leggende che si intrecciano e si mescolano. Ad un ascoltatore disattento possono sembrare slegate e differenti, ma per chi crede nel realismo magico sono invece gli ingredienti che il destino ha messo insieme per creare la ricetta di uno dei ristoranti più belli d’Italia, dove il piacere del gusto è eguagliato solo da quello della vista.
Ma facciamo un passo indietro, e ripartiamo dal piccolo paese di Abbadia Isola, in provincia di Siena dove si racconta che nella notte dei tempi, tre frati raccolsero i migliori frutti del proprio orto e della propria vigna con cui preparano un pasto così abbondante di cibo e vino per cui ballarono e cantarono tutta la notte. Narra ancora la leggenda che gli altri fratelli, non riuscendo né a dormire né a fermarli, decisero di chiuderli nella stanza più alta della torre dell’Abbazia, ma i tre non si fermarono mai e andarono avanti a ballare e cantare per giorni e notti intere. Ancora oggi, nell’antico convento, il giorno 11 luglio, come allora, è possibile sentire gli echi schiamazzanti dei tre frati fantasma ancora inebriati dai frutti della loro terra: erbe, olio, pane e vino.
Il secondo ingrediente della nostra storia invece non potrebbe essere più lontano di così dalla vita monastica: si tratta dell’eccentrico dandy Stefano Bardini (1836-1922) che fu figura di spicco nella Firenze dell’Ottocento, passato alle cronache come il “Principe degli Antiquari”. La sua capacità di scoprire opere d’arte, acquistarle a prezzi irrisori e venderle triplicando il loro valore, lo fece diventare una delle figure più autorevoli nel panorama internazionale. Bardini iniziò la sua attività di vendita in Italia per poi espandersi anche in Europa e in America, e con la sua fortuna costruì una bellissima villa affacciata su Firenze, ma soprattutto un meraviglioso giardino verticale che copre tutto il fianco di una collina fino ad arrivare praticamente alla riva dell’Arno. La villa è stata restituita alla città nel 2006 come spazio museale, centro di cultura e luogo di natura per tutti, con quattro ettari di bosco, giardino e orto frutteto affiancati dalle mura medievali della città, tra Costa San Giorgio e Borgo San Niccolò.
Per capire come dei frati medievali troppo golosi e un antiquario ottocentesco molto ambizioso possano avere qualcosa in comune, bisogna arrivare al terzo elemento, quello fondamentale, ovvero lo chef Filippo Saporito che insieme a Ombretta Giovannini ha creato un fil rouge che rende le storie una storia: Infatti il suo ristorante nasce originariamente all’ interno della vecchia abbazia di Abbadia Isola a Siena, e non poteva non prendere il nome dalla più gustosa delle leggende locali.
La prima “ Leggenda dei Frati” fu passaggio fondamentale per conoscere e sperimentare il vasto ricettario del territorio diventando in breve tempo laboratorio culinario della nuova gastronomia toscana, e quando il fato aprì le porte del più bel giardino del centro storico di Firenze, la coppia era pronta a portare in città la propria visione di alta cucina.
La Leggenda dei Frati: la filosofia
Seduti al tavolo mentre si ammira la città che fa capolino dalle immense finestre, appena nascosta dagli alti alberi in un seducente vedo e non vedo, ci si rende conto di quanto il panorama sia familiare e di quanto sia al contempo come vederlo per la prima volta: la medesima cosa vale per la cucina toscana di Saporito, al contempo familiare e sorprendentemente innovativa, in un mix che allo chef piace definire una “ cucina coinvolgente e conviviale” in cui la bellezza del pasto, non risiede solo nel cibo ma nell’armonia scaturita dall’incontro tra gli ospiti, lo chef, la sala, l’arte e la natura. E così, come sottolinea lo chef: “ Natura, mito, arte, saper fare e cultura territoriale, si riuniscono insieme agli ingredienti sulla tavola della Leggenda: Io e Ombretta abbiamo la fortuna di vivere in una terra meravigliosa la Toscana dove le ispirazioni arrivano dalla nostra rete di produttori e allevatori d’eccellenza ad esempio, o dall’incontro con persone come, Franco Lodini esperto di erbe selvatiche, Simone Moschini agricoltore naturale esperto di ortaggi tradizionali, antichi e in alcuni casi dimenticati e recuperati, oppure l’Azienda agricola Casamonti con le sue carni senesi” Come afferma lo chef “Il successo del Ristorante è fatto, non da una singola persona ma da un gruppo coeso di professionisti che hanno in comune l’amore per la materia prima e la sua lavorazione”. Una filosofia che non è solo a parole, ma si può anche vedere con i propri occhi: poco distante dai tavoli infatti, tra la vegetazione, si intravede l’orto segreto di Filippo Saporito dove quotidianamente si rifornisce.
Il Menù di Saporito
La passione vegetale di Filippo non si limita alla coltivazione ovviamente, e il ruolo della verdura nel piatto è nella cucina dello chef stellato è prominente, al punto da avere un menù dedicato (Menù del…cavolo) in cui spiccano portate quali il “ Tataki di Barbabietola” (con Mayo vegana e Erbe di Simone) oppure primi golosi come i “ Cappelletti ripieni di Melanzana Yogurt” con mandorla, datterini e tahina. Ma per capire al meglio la toscanità bisogna addentrarsi nella proposta onnivora, partendo magari dalla leggendaria Terrina di fegatini, in carta dall'anno 2004 e tutt’ora tra i piatti più amati, composta con lardo di Colonnata, fichi secchi e crème caramel. Ma al contempo sono da apprezzare le nuove versioni di materie prime su cui Filippo ci ha già più volte divertito, come il Piccione, ora proposto con pastinaca, scorzonera e Abete, che con una cottura più corta rende giustizia alla selezione della materia prima. Anche sul pesce il cuoco senese ha da esprimere la sua concezione gastronomica con forza e determinazione, e ne è un interessantissimo esempio il suo Tagliolino con calamaretti spillo, riduzione di mare e caviale, tenuto insieme anche dal limone fermentato che lo rende senza dubbio un piatto dal sapore contemporaneo. Si osa audacemente (e si vince) con la riuscitissima “ Pesce in zuppa” composta da pesce in tre cotture arricchito con olive e terminata direttamente al tavolo con il brodo di scarti. Un piatto perfetto per fungere da legame tra quest’estate ormai agli sgoccioli e l’inverno.
Ora che la bella stagione volge al termine, e la leggenda diventa più intima, il piacere di venire qui resta immutato. Il piacere di chiudersi dentro, per godere di tutte le bontà, come quei fraticelli nella notte dei tempi che furono.
Di Indira Fassioni
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