L’Italia non è un paese per giovani: nella GenZ 9 su 10 bocciano la classe politica e la sua attenzione alle politiche giovanili
Sfiducia per la classe politica non significa però disaffezione dalla “cosa pubblica”: oltre il 60% degli under 25 si informa spesso e volentieri su questi temi. Social network, televisione e testate giornalistiche online i punti di riferimento. Famiglia e scuola gli altri “luoghi” dove se ne parla di più
Una profonda disaffezione e sfiducia nei confronti dell’attuale classe politica. E’ il sentimento prevalente che anima gli elettori più giovani alla vigilia di quello che, per la maggior parte di loro, potrebbe essere il primo voto “nazionale” della loro vita. Ma, nonostante ciò, la cosiddetta Generazione Z sembra lo stesso aver voglia di dire la sua, per provare a cambiare le cose e per farsi ascoltare di più. A far emergere questo approccio, apparentemente ambivalente, un’indagine del loro portale di riferimento Skuola.net, effettuata su un campione di 1.568 ragazze e ragazzi tra i 18 e 25 anni
La fiducia nei politici è ai minimi
Da un lato, infatti, oltre 9 su 10, ragionando in generale, “bocciano” sonoramente i politici che animano questa fase storica del Paese: il 58% non salva proprio niente e nessuno, esprimendo un’opinione “per niente positiva”, il 36% si limita a un giudizio “poco positivo”. Appena il 6%, al contrario, li salva parzialmente (3%) o addirittura li promuove a pieni voti (3%).
La voglia di partecipare c'è
Dall’altro, però, ben 3 su 4 si dicono pronti a recarsi alle urne il prossimo 25 settembre. Forse spinti dall'ebbrezza del primo voto, se non per la Camera dei deputati perlomeno per il Senato, gli studenti intervistati da Skuola.net sembrano perciò mostrare una propensione all’astensionismo decisamente inferiore rispetto ai loro colleghi - il resto degli under 35 - e ad altre fasce della popolazione, almeno stando a quanto emerge da altre rilevazioni che in questi giorni sono state pubblicate. Tuttavia, anche qui c’è da registrare un “effetto delusione” che può spiegare una parabola discendente dell’affluenza: la sicurezza di andare a votare cala del 10% tra coloro che nel 2018 si sono espressi per le elezioni nazionali.
Con il voto si possono cambiare le cose
Ma c’è un’altra ragione che potrebbe invogliare così tanti giovani a partecipare: l’occasione di far entrare le loro istanze nell’agenda politica. Attualmente, infatti, quasi tutti - anche qui oltre 9 su 10 - pensano che nessuno, all’interno delle istituzioni, abbia veramente a cuore i problemi delle nuove generazioni: per il 54% si parla troppo poco di loro, il 38% ha la sensazione che non se ne parli per niente. Appena l’8% intravede una qualche considerazione. E, per questo, il 93% si dice pessimista per il prossimo futuro. Allo stesso modo, però, in tantissimi sono convinti che con il proprio voto possono contribuire, almeno in parte, a invertire la tendenza: così per circa 7 su 10, più o meno quelli che - quantomeno nelle intenzioni - si presenteranno al seggio.
La maggior parte si aggiorna sulle vicende di casa nostra
Questo perché, a dispetto di quel che spesso si è portati a pensare, la GenZ è tutt’altro che distante dalla “cosa pubblica”. La maggior parte degli intervistati, ad esempio, dice che si interessa quotidianamente alle vicende politiche (25%). A cui si aggiunge un 42% che lo fa di frequente, anche se non ogni giorno. Solamente un terzo (33%) è tendenzialmente, se non del tutto, disinformato. Non solo: un’ampia fetta di ragazzi (35%) sostiene di avere un buon livello di “attivismo”. I canali di informazione preferiti? Trattandosi di nativi digitali non potevano che essere i social network (tra le fonti privilegiate per il 63%), resiste la televisione tradizionale (53%), molto consultati anche quotidiani online e siti web d’informazione (41%).
La famiglia e la scuola stimolano il confronto
Parecchi stimoli, comunque, provengono pure dalla famiglia: il 18% parla di questi temi in casa a cadenza quotidiana, il 40% lo fa spesso e volentieri. Un po’ meno dagli amici: nella maggior parte dei casi (59%) con i coetanei si parla poco o nulla di politica. Anche la scuola, però, ha dato il suo piccolo contributo nella costruzione di questa sensibilità: ripensando agli anni delle superiori, oltre 1 su 10 ricorda di aver affrontato “molto spesso” in classe l’attualità politica; un altro 25% lo faceva “abbastanza spesso”. A parlarne, in questi casi, soprattutto gli insegnanti (così per l’80%) ma anche i compagni di banco (60%) e gli alunni del proprio istituto più impegnati politicamente (19%); non pochi (10%) hanno avuto la fortuna di confrontarsi addirittura con esperti (giornalisti, professori universitari, ricercatori, analisti).
Le preoccupazioni principali dei giovani
Ma cosa preoccupa di più la GenZ per il futuro del Paese? In cima alla lista ci sono le prospettive per i giovani (49%), la questione ambientale (40%), i diritti civili (34%). Mentre, dovendo fare una scelta, i temi considerati meno urgenti da approfondire sono le pensioni (3%), la sicurezza (5%), l’immigrazione (8%). Nel mezzo c’è tutto il resto, dal carico fiscale alla burocrazia, passando per la qualità della scuola e della sanità.
“La forte sfiducia della Generazione Z nei confronti della classe politica non è sinonimo di disaffezione per la politica in seno agli under 26 che hanno diritto al voto il prossimo 25 settembre. In tanti, infatti, si informano di politica, in 6 casi su 10 con frequenza elevata se non quotidiana. Proprio per questa consapevolezza, probabilmente, fanno fatica ad accordare fiducia all’operato dell’attuale classe dirigente, non trovandosi ad esempio concordi con quanto avvenuto nella legislatura che si avvia a conclusione: dalla caduta del Governo Draghi, giudicata un fatto negativo da 8 su 10, alla mancata approvazione di alcuni provvedimenti in tema di diritti civili, che invece sono tra le priorità di questa generazione, per non parlare del permanere della disoccupazione giovanile a livelli record”, commenta così i dati Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net.
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