LE SPINTE INDIPENDENTISTE

Commonwealth, futuro incerto dopo la morte di Elisabetta | E l'Australia pensa a sostituire la sua effigie sulle banconote

Dai Caraibi all'Oceania, passando per lo stesso Regno Unito, il nuovo sovrano Carlo III deve subito fare i conti con le spinte indipendentiste

© Ansa

Tenere insieme 15 nazioni e oltre 150 milioni di persone. È forse questa la sfida più difficile per re Carlo III, salito al trono dopo la morte di Elisabetta II. L'ex principe di Galles deve fare i conti con le spinte indipendentiste dei reami del Commonwealth, che riconoscono come proprio capo di Stato il sovrano del Regno Unito. Per oltre 70 anni la regina defunta ha saputo trovare un durevole punto di equilibrio, ma ora con Carlo potrebbe esserci uno scossone. A partire da Scozia, Galles, Irlanda del Nord, Australia e Paesi caraibici.

L'incontro - Carlo III ha già incontrato i rappresentanti dei reami del Commonwealth nella giornata dell'11 settembre, a cominciare dalla baronessa Patricia Scotland, segretario generale dell'organizzazione e dai capi missione a Londra - alti commissari, non ambasciatori - delle 14 nazioni che lo riconoscono come capo di Stato. A loro ha ribadito l'impegno a "servirli con lealtà" e nel rispetto delle regole costituzionali di ciascuno. Ma come spiegano gli analisti internazionali, il futuro è incerto.

Australia - Partiamo dall'Australia, percorsa da fremiti repubblicani condivisi dal nuovo premier laburista Anthony Albanese. Come riporta la stampa britannica, la morte di Elisabetta ha acceso il dibattito nel Paese sulla necessità di rimuovere l'effigie della monarca dalle proprie monete e banconote. Il viceministro del Tesoro Andrew Leigh, durante una visita alla zecca di Canberra, non ha escluso che sulle nuove banconote da 5 dollari il volto di Carlo III possa essere sostituito con quello di una personalità australiana.

Nuova Zelanda - Il primo ministro della Nuova Zelanda, Jacinda Ardern, ha escluso che il Paese possa diventare in breve tempo una repubblica dopo la morte di Elisabetta. La leader laburista ha infatti negato di avere in programma piani imminenti di svolte istituzionali, anche se si è detta convinta che il cambiamento nella forma di governo arriverà in futuro.

Caraibi - Le spinte indipendentiste sono forti nei Caraibi, sospinte dal ricordo dei misfatti coloniali e schiavisti dell'ex impero. Le Barbados hanno già formalizzato nel 2021 l'addio al legame diretto con la monarchia britannica diventando una repubblica parlamentare. E Antigua e Barbuda indiranno un referendum per cambiare la propria forma di governo: come riporta la Bbc, il premier Gaston Browne ha precisato che si potrebbe andare al voto entro tre anni. In ogni caso, ha affermato, "non si tratta di un atto di ostilità" ma del "passo finale per completare il cerchio dell'indipendenza e diventare una nazione veramente sovrana". Browne ha aggiunto che indirà il referendum se l'anno prossimo sarà rieletto: il suo partito attualmente detiene 15 dei 17 seggi alla Camera dei rappresentanti. Anche Giamaica e Belize - visitati da William e Kate durante il Giubileo di platino - sembrano intenzionati a seguire la strada di Antigua e Barbuda.

Non solo Scozia - Non mancano tensioni anche all'interno del Regno Unito. La Scozia vuole organizzare un referendum per l'indipendenza entro il 2023. In Irlanda del Nord, il movimento indipendentista Sinn Fein, vittorioso alle ultime elezioni, ha riacceso il dibattito su una possibile rottura da Londra e sulla riunificazione con la Repubblica d'Irlanda. E in Galles un quarto della popolazione è favorevole alla separazione dal Regno Unito.

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