La difficoltà costituisce da sempre un elemento difficile da bilanciare nei videogiochi. Alcune persone preferiscono essere sfidate continuamente, altre amano esperienze più facili e godibili. Per semplificare questo processo, la maggior parte degli sviluppatori utilizza la regolazione dinamica della difficoltà, ossia di regolare la difficoltà di un gioco in tempo reale in base alle prestazioni del giocatore. Un nuovo modello messo a punto da un team di scienziati mira a stravolgere tale impostazione, facendo leva sulle emozioni dei giocatori.
L'idea alla base della regolazione dinamica della difficoltà (DDA, da Dynamic Difficulty Adjustment) prevede che l'intelligenza artificiale possa aumentare automaticamente il livello di difficoltà qualora le prestazioni del giocatore superino le aspettative dello sviluppatore, incrementando il tasso di sfida presentata all'utente. Per quanto utile, tale strategia è limitata dal tenere in considerazione esclusivamente le prestazioni dei giocatori, e non il loro effettivo divertimento.
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Nel recente studio pubblicato sulla rivista Expert Systems With Applications, un gruppo di ricercatori del Gwangju Institute of Science and Technology in Corea ha deciso di dare una svolta all'approccio DDA. Anziché concentrarsi sulle prestazioni del giocatore, il gruppo ha sviluppato degli agenti DDA che regolano la difficoltà del gioco per massimizzare uno dei quattro diversi aspetti legati alla soddisfazione del giocatore: sfida, competenza, flusso e valenza.
Gli agenti DDA sono stati addestrati tramite apprendimento automatico utilizzando i dati raccolti da giocatori umani reali, che si sono cimentati in un gioco di combattimento contro varie intelligenze artificiali, rispondendo successivamente a un questionario sulla loro esperienza. Utilizzando un algoritmo chiamato "Monte-Carlo tree search", ogni agente DDA ha utilizzato i dati di gioco reali e quelli simulati per mettere a punto lo stile di combattimento dell'IA avversaria in modo da massimizzare un'emozione specifica, o "stato affettivo".
"Un vantaggio del nostro approccio rispetto ad altri metodi incentrati sulle emozioni è che non si basa su sensori esterni, come l'elettroencefalogramma", spiega il professore associato Kyung-Joong Kim, che ha guidato lo studio. "Una volta addestrato, il nostro modello è in grado di stimare gli stati dei giocatori utilizzando solo le caratteristiche del gioco".
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Il team ha verificato, attraverso un esperimento con 20 volontari, che gli agenti DDA proposti fossero in grado di produrre IA capaci di migliorare complessivamente l'esperienza dei giocatori, indipendentemente dalle loro preferenze. È la prima volta che gli stati affettivi vengono incorporati direttamente negli agenti DDA, il che potrebbe essere utile per tanti giochi in commercio.
"Le aziende di videogiochi dispongono già di enormi quantità di dati sui giocatori e possono sfruttarli per modellare i giocatori e risolvere vari problemi legati al bilanciamento del gioco utilizzando il nostro approccio", afferma ancora il professor Kim. Vale la pena notare che questa tecnica ha un potenziale anche per altri campi che possono essere applicati tramite "gamification", come l'assistenza sanitaria, l'esercizio fisico e l'istruzione.