Parco del Po, i daini andranno al macello: "Non c'è scelta, sono come cavallette"
Si tratta di un migliaio di esemplari ritenuto specie "aliena" e riprodottasi in maniera esponenziale. Gli animalisti provano a fermare "la condanna a morte" con l'invio massivo di mail di protesta alla Regione Emilia-Romagna
Sono una specie "aliena", non originaria del territorio e per questo una rovina per l'equilibrio ambientale, ma soprattutto sono proliferati in modo esponenziale, tanto non poter esser più controllati né da sporadici trasferimenti in allevamenti amatoriali né dal lupo predatore. Sono i daini che popolano la pineta di Classe, nel Ravennate, e il Po di Volano, nel Ferrarese, in tutto almeno un migliaio di esemplari e per i quali il Parco del Delta Po, l'ente che sovrintende l'area protetta, ha deciso di rendere possibile la cattura ad allevamenti da macello. "Non abbiamo altra scelta, sono come le cavallette", spiega Massimiliano Costa, direttore dell'Ente Parco. Ma gli animalisti si mobilitano con l'invio massivo di mail di protesta alla Regione Emilia-Romagna.
"La densità dei daini nell'area protetta è eccessiva. Ce ne sono almeno mille per mille ettari di bosco, quando la presenza tollerata sarebbe di un esemplare ogni dieci ettari. Sarebbero accettabili cento daini, non mille. Se non facciamo qualcosa tutto il bosco di qui a dieci anni sarà devastato", aggiunge Costa.
I danni ambientali sono già tangibili, i daini brucano tutto, "sono come le cavallette", "ci sono specie vegetali che sono già sparite".
L'arrivo del daino in questi boschi del Parco del Delta Po risale alla fine degli anni '90. La "colpa" di questo ennesimo disastro ambientale è dell'uomo. Perché la proliferazione incontrollata in natura di questi ungulati è cominciata dopo fughe accidentali di daini che erano tenuti in cattività in alcune aziende agricole del territorio.
Il lupo in quegli anni era assente, "è tornato nei nostri boschi solo tre anni fa, una famiglia soltanto". "Sono arrivati troppo tardi - dice Costa - e i daini ora sono troppi anche per loro, che comunque naturalmente dovrebbero predare solo cinghiali e caprioli. Se la popolazione dei daini fosse dieci volte inferiore a quella attuale, forse con la presenza del lupo si riuscirebbe a stare in equilibrio".
La posizione del Parco del Po - Insomma, ribadisce Costa davanti alle proteste di animalisti e anche a fronte di una interrogazione in consiglio regionale (da parte del Gruppo misto), davvero "non c'era alternativa" all'avviso pubblico che ha scatenato la nuova scia di polemiche. Si tratta dell'indagine di mercato con cui affidare la cattura dei daini anche ad allevamenti non amatoriali. Nessun compenso per le aziende, se non il valore della carne degli animali catturati.
Del resto, ricorda Costa, "l'Ispra dice esplicitamente che i daini in quanto specie esotica in Pianura Padana non devono esserci. Tre è il numero massimo consentito per il trasferimento di una specie non autoctona in un allevamento amatoriale. Trenta il numero in deroga dall'Ispra per il rilascio in natura in altre zone d'Appennino dove è consentita la caccia. Per i daini cambierebbe poco, per noi coi numeri attuali nulla".
Negli anni scorsi tra l'altro le proteste degli animalisti davanti alle doppiette, quando furono attivati dei piani di abbattimento direttamente con la caccia, furono molto pesanti. "Si possono cacciare in tutta Italia, solo i daini di Classe sono diventati un simbolo. Non capisco perché". Il punto è tornare a un equilibrio prima che l'ecosistema venga compromesso del tutto, sottolinea il Parco. "Se aiutiamo la popolazione a scendere, il piano potrà essere rivisto".
Gli animalisti alzano la voce - "Niente da fare, i nostri amministratori non ce la fanno a capire che gli animali non vanno uccisi. Nel Parco del Delta del Po, tra i comuni di Ravenna e Ferrara, hanno deciso di uccidere mille daini perché sarebbero responsabili di incidenti stradali e di danni alle colture. Come se un daino decidesse di suicidarsi attraversando una strada quando sta per arrivare un'auto e non fosse la strada costruita erroneamente in un passaggio ecologico", si legge sui gruppi animalisti.
"Passaggi per prevenire gli incidenti stradali? Non realizzati perché gli incidenti 'sono esigui'. Metodi ecologici per prevenire i danni alle colture? Non pervenuti. Richieste di risarcimento da parte degli agricoltori per danni causati da daini nel 2019 e 2020? Zero. - continua la denuncia. - E allora? L'Ente Parco venderà la carne dei daini ricavandone 83.000 euro circa. Ricordiamo per l'ennesima volta ai nostri amministratori che non possono disporre degli animali a proprio piacimento. Che siano selvatici o domestici, sono esseri senzienti e vanno sempre messe in campo soluzioni incruente per mitigare eventuali conflitti di coabitazione su questo pianeta, che non ci appartiene".