Venezia 79, tra il potere di Cate Blanchett e la fuga di Inarritu
Il secondo giorno del Festival al Lido, in attesa del primo dei cinque film italiani in concorso: "Bones and All" di Luca Guadagnino
Al secondo giorno, Venezia 79 ha lanciato nella gara per il Leone d'oro il teso "Tar" di Todd Field con Cate Blanchett nei panni della direttrice d'orchestra e l'epico "Bardo" di Alejandro G. Inarritu. Intanto oggi arriva il primo dei cinque italiani in concorso, Luca Guadagnino con "Bones ad all", che vede protagonista ancora Timothée Chalamet dopo "Chiamami col tuo nome", per una storia d'amore on the road.
Venezia 79, il red carpet della seconda serata: da Cate Blanchett a Giorgia Soleri
A dominare la scena della seconda serata è stata Cate Blanchett, sul tappeto rosso in abito nero bouquet con un balconcino di fiori sul decolleté. L'attrice è la protagonista assoluta di "Tar", film che racconta della omosessuale direttrice d'orchestra Lydia Tar, ma attraverso la sua storia si parla degli scandali sessuali nella musica (vedi Placido Domingo). In procinto di dirigere la "Sinfonia n. 5" di Gustav Mahler, viene accusata di aver favorito l'ingresso in orchestra di una violoncellista: un elemento a cui si aggiungono una serie di video compromettenti messi in rete da un ragazzo e, infine, una pioggia di denunce di altre presunte molestie. "Non ho mai considerato l'aspetto Lgbt del film, certo alla mia Lydia piacciono le donne, ma credo fermamente che non sia importante il genere nel mondo dell'arte. Ciò che le persone fanno dopo il loro lavoro non è importante. Insomma, non ho mai pensato al genere, alla sessualità di Lydia. Questo film è il ritratto molto umano di una persona con tutte le sue debolezze", spiega Cate Blanchett al Lido.
Biografico, seppure con finzione, "Bardo" del messicano Inarritu, tornato a dirigere a sette anni da "Revenant" che nel 2015 valse l'Oscar a Leonardo DiCaprio. S'intitola non a caso "Bardo, limbo, condizione di mezzo tra mondo dei vivi e quello dei morti". "Io sono nel mezzo, sono messicano per gli Stati Uniti, americano in Messico", spiega il regista di "21 grammi" e "Birdman". Il suo è un film epico, monumentale, tre ore della vita di Silverio Gama, "emigrato di prima classe", giornalista, documentarista, scrittore di successo alle prese con un bilancio di vita. "Proprio oggi 1 settembre è un anniversario importante: il 1 settembre 2001 con la mia famiglia abbiamo lasciato il Messico e siamo andati a vivere a Los Angeles, questa assenza mi rincorre ogni giorno, il Messico diventa uno stato mentale". Inarritu paga il suo personale tributo al cinema del maestro di Rimini e con sincerità lo ammette: "Fellini è un santo protettore, come Bunuel, Roy Anderson, Jodorowsky. Non c'è un cineasta che non sia stato infettato da Fellini così come nessun musicista può prescindere da Mozart o da Bach. Il suo cinema è il mezzo più simile ai sogni. E spero che santo Fellini mi abbia protetto anche questa volta".
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