Dopo aver mangiato delle vongole raccolte in spiaggia era rimasta paralizzata. È l'incubo vissuto di Kim Taia, donna neozelandese, che era stata salvata in ospedale dopo 12 ore di paralisi. La donna, senza rendersene conto - secondo quanto riporta Nzherald - ha ingerito il veleno paralizzante dei bivalvi, una biotossina presente in natura - è prodotta da una micro alga - che può contaminare vongole e molluschi. È successo a Maketu, in Nuova Zelanda, sulla costa della baia dell'Abbondanza, nell'Isola del Nord.
La storia - Dopo essersi ripresa dall'"incidente", la donna ha voluto condividere la sua esperienza per mettere in guardia la popolazione dal mangiare molluschi non controllati. Kim aveva ingerito delle vongole che aveva raccolto sulla spiaggia di Little Wahi, a Maketu. E le aveva mangiate senza preoccuparsi troppo delle conseguenze. Ma il giorno dopo si era risvegliata con dei dolori: "La mia testa ha iniziato a intorpidirsi e mi sentivo stordita - ha raccontato - Non riuscivo a parlare chiaramente e mi chiedevo cosa c'era che non andava, avevo le vertigini, ma poi ho iniziato a perdere la sensibilità alle mani e alle braccia". Quando aveva avvertito che la situazione stava peggiorando e che non riusciva più a parlare, il figlio aveva chiamato immediatamente l'ambulanza. Ricoverata in ospedale, la donna aveva raccontato che si sentiva "come sotto anestesia": "Mi sentivo sempre più debole, il mio respiro stava rallentando e pensavo che sarei morta. Non riuscivo a respirare". Poi i medici erano riusciti a salvarla.
Che cos'è il veleno paralizzante dei bivalvi - è l'espressione meno conosciuta che indica la STX, o saxitossina: si tratta di una potente tossina marina idrosolubile, sintetizzata da alghe microscopiche, note come dinoflagellati. La STX è tra i responsabili della sindrome da molluschi bivalvi (o PSP, acronimo di Paralityc Shellfish Poisoning), che causa sintomi variabili da lievi formicolii ed intorpidimento delle labbra sino ad una paralisi respiratoria a tutti gli effetti, con prognosi infausta. E, in casi gravi, può essere letale.