"Dovevi morire tu". È solo uno dei commenti di odio ricevuti sui social dalla 27enne Sara Bragante dopo la morte del fidanzato, il 30enne rodigino Andrea Mazzetto, precipitato dallo sperone "Altar Knotto", sull'Altopiano di Asiago (Vicenza), per tentare di riprendere il telefonino (il suo e non quello della ragazza, com'era emerso inizialmente) che gli era sfuggito dalle mani. In un'intervista al Corriere della Sera, la giovane, che ha visto il fidanzato morire, spiega che "mi augurano di fare la fine di Andrea. Uno sconosciuto su Instagram ha rubato alcune mie foto e ne ha fatto una storia titolandola: 'Assassina'".
L'incidente - Andrea e Sara si trovavano nei pressi dello sperone "Altar Knotto", una formazione rocciosa da cui si ha una visuale sulla sottostante Val D'Astico. Entrambi stavano scattando delle foto dal luogo panoramico. La loro ultima foto insieme, postata da Brigante su Instagram, li ritrae in un selfie proprio sul luogo dell'incidente.
"Ha perso il telefono per aiutare me" - "Sabato mattina io e Andrea siamo partiti per una breve escursione fino all'Altar Knotto. Alla fine del sentiero c'è una breve ferrata, e quando siamo arrivati ai piedi del masso ha deciso di salirci. Lo faceva sempre: ad Andrea piaceva arrampicarsi. Io soffro di vertigini, anche se lui mi spronava a superare le mie paure. L'ha fatto anche quel giorno: dalla cima ha insistito perché lo raggiungessi, anche se non volevo. Mi sono lasciata convincere e da lassù abbiamo scattato alcune foto", dice la 27enne al Corriere.
"Poi mi ha chiesto di mettermi in posa sul ciglio del masso. Dopo aver scattato la foto si è avvicinato per mostrarmela: ero pallida in volto. Le gambe mi tremavano, e in quel momento ho avuto un giramento di testa per le vertigini: ho rischiato di perdere l'equilibrio e Andrea mi ha afferrato la mano lasciando cadere il telefonino che è finito di sotto, tra i cespugli", prosegue la giovane.
"Mi ha detto: 'Lì c'è tutto il mio lavoro: le fatture, i documenti dell'azienda. Devo recuperarlo. E ha iniziato a scendere. (…) L'ho sentito dire che aveva un piede incastrato. E appena è riuscito a liberarsi, la roccia si è sgretolata ed è scivolato. In realtà è un volo di pochi metri ma, finendo sullo spiazzo ai piedi della roccia, è subito rotolato in avanti, verso il baratro. L'ho sentito gridare. Ed è sparito. Dicono si sia cacciato in quella situazione per non perdere i selfie, ma è una bugia", aggiunge Bragante.
I messaggi degli hater - In seguito alla morte del ragazzo, la 27enne è stata inondata da messaggi di odio, quali: "Spero pubblicherai i selfie dal funerale del tuo fidanzato", "È colpa tua", "È morto perché lei non riesce a stare senza telefono". Inoltre, alcuni utenti social l'hanno presa di mira per aver pubblicato l'ultimo selfie dal luogo dell'incidente.
"Andrea amava scattare fotografie e pubblicarle sui social: non per vanità ma solo per averle a portata di mano e poterle riguardare ogni volta che voleva. Per lui Instagram era l'equivalente dei vecchi album fotografici. Per questo ho pubblicato lo scatto: volevo ricordarlo in quell'ultimo momento di felicità, come avrebbe fatto lui. Tutto qui: nessun intento esibizionista", sottolinea la ragazza. "Ho bloccato i miei profili, ma gli hater continuano. Renderò i miei social privati: li userò solo io, sfogliandoli come un album fotografico. Come faceva Andrea", conclude Bragante.