UNA CARRIERA IN IMMAGINI

Elvis Presley, 45 anni fa l'addio alla leggenda del rock’n’roll

Il 16 agosto 1977, a soli 42 anni, ci lasciava "The King", un pezzo di storia della musica

© IPA

"Elvis Left The Building". E' la frase con cui il 16 agosto 1977 fu annunciata la morte del "King of rock'n'roll". Elvis Aaron Presley era morto a 42 anni: lo avevano trovato a terra, nel bagno di Graceland, la sua reggia di Memphis. Elvis è stato uno dei più importanti artisti pop del ventesimo secolo e il suo lascito è stata quella musica che ha avuto un impatto epocale sulla società americana prima e nel mondo intero, poi. Per questo a 45 anni dalla morte il mito resiste ancora.

Per qualcuno Elvis è ancora vivo. La triste verità è che gli ultimi anni di uno dei miti della storia della cultura popolare sono stati una catastrofe, segnati da una dipendenza da ogni tipo di farmaco, dai sedativi oppiodi alla codeina e alle anfetamine (che prendeva fin da ragazzo), alimentata da un medico compiacente (il dr. Nichopoulos, radiato dall'albo nel 1990 per abuso di prescrizioni).

Un finale lugubre, fatto di concerti improponibili, overdosi e simboleggiato dal degrado fisico di un uomo che con la sua esplosiva sensualità aveva cambiato il mondo e che esponeva al pubblico la sua decadenza artistica e umana. Nel frattempo, l'uomo che aveva incarnato il ribellismo del rock'n'roll, si era accanito contro quella sua immagine, fino a diventare un fan di Nixon, un nemico del movimento hippy, un feroce critico dei Beatles (anche se poi cantava le loro canzoni), uno spietato persecutore della droga e dell'alcool, una caricatura di se stesso.

Era nato a Tupelo, Mississippi, l'8 gennaio 1935 ma presto con la famiglia si era trasferito a Memphis, una delle capitali mondiali della musica. E la storia è cambiata nell'agosto del 1953, quando entrò nell'ufficio della leggendaria Sun Record. Li, per pochi dollari, registrò la sua prima canzone. Sam Philips, il proprietario della Sun, non gli diede alcuna importanza. La segretaria Marion Keisker al contrario si appuntò il nome e quando, qualche tempo dopo, si trattò di pensare a un nome nuovo capace, nell'America segregata di allora, di portare a un pubblico bianco la nuova musica dei neri, fece al suo boss il nome di Elvis.

Mettendo insieme la tradizione del country con le nuove invenzioni della musica nera, Elvis diventò l'icona assoluta del rock'n'roll, con una presenza scenica devastante, un modo di muoversi mai visto prima, soprattutto così esplicitamente sessuale. Era l'invenzione del cantante rock. Milioni di artisti, dai più grandi agli imitatori da concorsi, hanno deciso di diventare musicisti quando l'hanno visto all'Ed Sullivan Show.

Prima il militare, svolto con grande pubblicità da "buon soldato", poi, grazie all'influenza del suo celeberrimo manager, il Colonnello Parker, Elvis diventò una macchina da soldi, per anni girò solo musicarelli hollywoodiani, mentre il mondo cambiava e una nuova generazione di musicisti, anche inglesi, creava una nuova idea di rock.

Dopo un periodo di offuscamento, nel dicembre 1968 Elvis mise a segno uno dei colpi più spettacolari della sua carriera. Il Comeback Special, leggendario show televisivo in cui, vestito di pelle nera, tornò a essere quello di un tempo. Da questo rilancio, la sua carriera vivrà di alti e bassi, di contratti miliardari a Las Vegas, di succesi come lo storico "Aloha From Hawaii", il primo concerto via satellite della storia.

Elvis rimane una potente icona. Non ha inventato il rock'n'roll, ma se il rock'n'roll ha travolto il mondo il merito è anche suo, perché è stato lui a far innamorare il mondo della portata rivoluzionaria di questa musica. E la sua energia sopravvive a tutto, anche al monumento kitsch che si era costruito e a un finale malinconico che poi, a conti fatti, non è che la conclusione di un capitolo importante del Grande Romanzo Americano.