Niente abbattimento (almeno fino al 14 settembre) per i cinghiali e maiali della Sfattoria di Roma. Lo ha deciso il Tar del Lazio, che ha accolto la richiesta di sospensiva del provvedimento dell'Asl Roma 1, che prevedeva l'uccisione dei 140 animali per arginare la diffusione della peste suina. È stata fissata al 14 settembre l'udienza per approfondire la questione, e contestualmente all'Asl è stato ordinato il deposito di altri documenti.
L'annuncio - A dare la notizia è stata la rappresentante legale della Sfattoria. "La battaglia è appena iniziata anche per tutti gli altri animali oggetto di attenzione delle nostre amministrazioni, che hanno dichiarato una guerra ingiusta solo perché non sono in grado di eliminare i rifiuti dalle strade di Roma, unica ragione dell'urbanizzazione dei cinghiali e della diffusione della peste suina africana", ha affermato.
La vicenda - Pur non essendo stati contagiati dalla peste suina, i cinghiali e maiali della Sfattoria rischiavano comunque di essere abbattuti perché si trovano nella "zona rossa". Nei giorni scorsi era anche partita una mobilitazione per salvarli. I volontari della struttura hanno spiegato di aver ricevuto molte manifestazioni di solidarietà, con privati cittadini che si erano recati fisicamente in loco a "protezione" della zona. Nelle scorse ore era stato anche annunciato uno sciopero della fame. Prosegue, nel frattempo, la petizione su Change.org, che viaggia verso le 200mila firme.
Il ricorso straordinario - Nella giornata di venerdì 12 agosto, il Tar del Lazio aveva respinto il ricorso straordinario presentato contro l'ordinanza dell'Asl Roma 1, che appunto prevedeva l'abbattimento di cinghiali e maiali della Sfattoria tramite elettroshock. Il motivo, come detto, è che questi 140 animali - iscritti al registro nazionale come Pet e microchippati - si trovano nella "zona rossa" per fronteggiare la diffusione della peste suina.
La difesa - Dopo il rigetto del ricorso straordinario, la Sfattoria aveva affermato che "i diritti degli animali sono tutelati dalla nostra Costituzione ma non dal giudice. Si è trattato di un incredibile episodio di malagiustizia". Il Tar del Lazio, aveva ancora sostenuto, "ha condannato a morte, senza alcuna motivazione, circa 140 capi di suidi raccolti accuditi e tenuti in custodia, nonché assolutamente sani e inoffensivi, da un gruppo di 200 volontari presso una struttura regolarmente registrata nella Banca Dati Nazionale del Ministero della Salute".
Niente deroghe - Su una possibile deroga ad hoc per questi esemplari, il commissario straordinario per la peste suina Angelo Ferrari era stato chiaro: "Non è accoglibile la richiesta di non procedere all'abbattimento dei suini in questione, anche tenuto conto della carenza e inadeguatezza delle misure di biosicurezza come comunicato dall'Asl Roma 1". Ora il Tar del Lazio rimanda la questione al 14 settembre.