IL PARLAMENTO IN VERSIONE RIDOTTA

Elezioni, il primo voto con la riforma del taglio dei parlamentari | Cosa cambia

Quelle del 25 settembre saranno le prime elezioni che porteranno all'insediamento di un nuovo Parlamento, meno "affollato", dopo la riforma costituzionale del 2020

La caduta del governo Draghi, al momento impegnato nel disbrigo degli affari correnti, porta il Paese alle urne. E la tornata elettorale del 25 settembre non sarà una delle tante, ma un appuntamento storico. È il primo voto con la riforma costituzionale del taglio dei parlamentari in vigore, promossa con decisione dai Cinque Stelle e votata con il referendum sul taglio dei parlamentari dal 69.96 per cento degli italiani. E con la stessa legge elettorale delle politiche del 2018: il Rosatellum. Una situazione inedita. Il nuovo Parlamento che si insedierà sarà "in versione ridotta", nello specifico del 30 per cento rispetto a quello precedente. Vediamo nel dettaglio cosa cambia...

La riforma costituzionale - La legge n.1 del 19 ottobre 2020 ha infatti ridotto da 630 a 400 il numero dei deputati e da 315 a 200 quello dei senatori eletti. In sostanza 600 parlamentari in tutto ai quali si aggiungeranno i cinque senatori a vita (non più di cinque, nominabili dal Capo dello Stato). L'obiettivo alla base della riforma era quello di allineare il nostro Paese ai numeri del resto d'Europa. Poi da un lato favorire un miglioramento del processo decisionale delle Camere, per renderle più capaci di rispondere alle esigenze dei cittadini, e dall’altro ridurre il costo della politica (con un risparmio stimato di circa 500 milioni di euro in una Legislatura).

Collegi elettorali ridisegnati - I collegi elettorali in cui è divisa l’Italia e che andranno a comporre il nuovo Parlamento, come previsto dalla Costituzione, sono stati riorganizzati con un decreto legislativo del 30 dicembre 2020. Il passaggio è stato necessario dopo le modifiche introdotte con la legge costituzionale che ha ridotto a 600 il numero dei parlamentari. Con la nuova norma i collegi uninominali, assegnati con il sistema maggioritario, sono 221 (147 alla Camera e 74 al Senato) mentre quelli plurinominali su base proporzionale sono complessivamente 367 di cui 245 alla Camera e 122 al Senato. A questi si aggiungono i 12 collegi riservati ai deputati e ai senatori eletti all’estero (8 alla Camera e 4 al Senato).  Il sistema elettorale in vigore, il Rosatellum (la legge Rosato 165 del 2017), è un sistema elettorale misto, in cui i seggi sono attribuiti sia per la Camera che per il Senato e con circa un terzo dei parlamentari eletto in collegi uninominali e due terzi in collegi plurinominali piccoli, con liste bloccate corte. Prima del taglio i 630 seggi alla Camera erano così distribuiti: 232 collegi uninominali, 386 in circoscrizioni proporzionali a cui di aggiungevano 12 eletti all’estero. Al Senato i numeri erano rispettivamente 116, 193 e 6.

Elettori e partiti - Il cittadino esprime un voto unico: sceglie una lista che preferisce e in automatico si riporta al candidato uninominale collegato a tale lista. I partiti possono presentarsi da soli (in quel caso ad una lista corrisponde un candidato) o coalizzati (in quel caso a più liste corrisponde un unico candidato). La coalizione deve essere la stessa su tutto il territorio nazionale. Anche in caso di coalizione ogni partito presenta allo stesso modo un proprio programma separato ed esprime chi è il proprio capo politico. 

Soglie di sbarramento al Senato - In Val d’Aosta, in Molise, a Trento e Bolzano non ci sono seggi proporzionali. Una soglia effettiva di poco più del 3 c’è solo in Lombardia. Tra il 5 e il 10 si piazzano Piemonte, Veneto, Emilia, Toscana, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia e Sicilia. Tra il 10 e il 15 la Calabria. Tra il 15 e il 20 Friuli, Liguria, Marche e Sardegna. Sopra il 20 Umbria e Basilicata.

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