Era stato attaccato da uno squalo toro da dieci metri che gli aveva staccato un braccio e una gamba. Stava svolgendo una missione, nella baia di Sidney, il sommozzatore Paul De Gelder, quando all'improvviso, l'11 febbraio 2009, la sua vita è cambiata. E non del tutto in negativo. Ora, nonostante l'incidente, non cova odio verso quelle creature che gli hanno tolto per sempre degli organi vitali, anzi si batte per loro e promuove una campagna per cambiare la visione che la gente comune ha dei pescecani. "Passare del tempo con gli squali, imparare a conoscerli è una cosa che cambia la vita - spiega De Gelder al Guardian - insegna a superare i pregiudizi e andare oltre alle nostre paure".
La storia - De Gelder, all'epoca sommozzatore nella marina militare americana, doveva portare a termine una semplice missione di routine. "Dovevo testare un nuovo equipaggiamento dell'unità subacquea dell'antiterrorismo - ha raccontato l'uomo - è arrivato da dietro, sbucato dal buio, abbiamo stabilito un contatto visivo per qualche secondo, poi mi ha staccato con un solo morso un braccio e una gamba". La sua vita poteva finire lì, ma è riuscito a raggiungere l'imbarcazione base ed è stato salvato dall'equipaggio.
L'amore per gli squali - Ma, dopo quell'aggressione così feroce, il sommozzatore non ha avuto più paura di quelle creature e da allora ne è diventato il più ardente difensore. Ha imparato a conoscerli e ha capito che non sono crudeli, come pensano tutti: "Un giorno mi hanno invitato a prendere parte a delle riprese nelle isole Fiji - ha aggiunto De Gelder - ero andato per farmi una vacanza. Poi mi sono ritrovato vicino diversi esemplari di squali toro. Ma non mi hanno aggredito. È stato incredibile, io gli davo da mangiare e loro non avevano nessuna reazione cattiva. Da quella giornata i miei pregiudizi su di loro sono spariti". Dopo alcune ospitate televisive nelle emittenti americane si è trasferito a Los Angeles e parla ai convegni, come ospite di terapie motivazionali. E dei pescecani, che gli hanno strappato per sempre degli arti, ne ha parlato anche in un libro dal titolo "Perché abbiamo bisogno di salvare il più incompreso dei predatori". Nel testo spiega della sua esperienza tragica e della nuova vita che quelle creature gli hanno regalato perché "non sono la personificazione del male - sottolinea - e non uccidono solo per il gusto di farlo".