Il governo del Canada ha rivolto una dura contestazione a papa Francesco, in concomitanza con la fine del viaggio apostolico di quest'ultimo nel Paese. Nei giorni scorsi Francesco era stato accolto calorosamente proprio da Ottawa, che aveva espresso soddisfazione per le storiche scuse chieste dal Pontefice alle pratiche di conversione forzata praticate in passato dalla Chiesa ai danni delle popolazioni indigene locali. Ora, però, il governo canadese ha chiarito di non ritenere sufficiente l'atto di colpa pronunciato dal Pontefice a nome della Chiesa cattolica.
L'accusa di Ottawa - Il pontefice non avrebbe fatto esplicito riferimento alle violenze sessuali perpetrate nelle scuole missionarie ai danni dei minori indigeni. Il ministro per le Relazioni Corona-indigeni, Marc Miller, ha dichiarato che le "lacune" nelle scuse chieste dal Pontefice "non possono essere ignorate". Miller ha fatto riferimento agli abusi sessuali imputati a esponenti della Chiesa cattolica e ha aggiunto che papa Francesco ha parlato del "male" commesso da singoli cristiani, ma "non dalla Chiesa cattolica come istituzione".
Il viaggio e le scuse - Il 24 luglio, nel suo 37mo viaggio apostolico, il Papa era stato accolto all'aeroporto di Edmonton, in Alberta, dal primo ministro canadese Justin Trudeau e da Mary Simon, una rappresentante del popolo Inuk e prima governatrice generale delle popolazioni indigene canadesi. Il Pontefice, all'arrivo, ha baciato la mano della leader indigena, un gesto che ha definito il tono della visita descritta dallo stesso capo della Chiesa come un "pellegrinaggio di penitenza" per generazioni di assimilazione forzata delle popolazioni native da parte dei missionari cattolici.
Il giorno successivo il Papa ha incontrato i "sopravvissuti" di una scuola missionaria a Maskwacis, dove il Pontefice ha pregato e chiesto pubblicamente scusa a nome della Chiesa cattolica. I leader della Confederazione del trattato delle sei nazioni, che rappresenta i popoli indigeni canadesi, chiedono che oltre alle scuse la Chiesa faccia luce sul destino dei tanti bambini che non hanno mai fatto ritorno dalle scuole missionarie, e che paghi riparazioni, anche sotto forma di reperti indigeni detenuti dai Musei Vaticani.
Nello stesso giorno, Francesco, parlando ai rappresentanti delle comunità native americane, aveva riconosciuto che le sue scuse rappresentano solo il primo passo di un percorso di espiazione: "Molti di voi e dei vostri rappresentanti hanno affermato che le scuse non sono un punto di arrivo. Concordo pienamente: costituiscono solo il primo passo, il punto di partenza", aveva detto.
"Sono anch'io consapevole che, guardando al passato, non sarà mai abbastanza ciò che si fa per chiedere perdono e cercare di riparare il danno causato e che, guardando al futuro, non sarò mai poco tutto ciò che si fa per dar vita a una cultura capace di evitare che tali situazioni non solo non si ripetano, ma non trovino spazio", aveva osservato Bergoglio. "Una parte importante di questo processo è condurre una seria ricerca della verità sul passato e aiutare i sopravvissuti delle scuole residenziali a intraprendere percorsi di guarigione dai traumi subiti", aveva concluso il Pontefice.
L'ultima tappa - Nella quinta e penultima giornata della sua visita in Canada, intanto, papa Francesco a Quebec dedica la sua agenda ai rapporti con la comunità cattolica e il clero, con due celebrazioni. Francesco presiederà la messa alle 10 (le 16 italiane) presso il Santuario di Sainte Anne de Beaupré e alle 17.15 (le 23.15 in Italia) officerà i Vespri con i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati, i seminaristi e gli operatori pastorali presso la Cattedrale di Notre Dame. Alla messa delle 10 sarà presente il premier canadese Justin Trudeau.
Proprio durante la visita del Pontefice a Qebec City, il primo ministro Trudeau ha violato i protocolli chiedendo di intervenire in prima persona a un incontro tra il Pontefice e la governatrice generale e rappresentante delle nazioni indigene Mary Simon. L'ufficio del premier ha spiegato che Trudeau teneva a intervenire pubblicamente "data l'importanza della questione". Durante il suo intervento, il premier ha ricordato che la Commissione canadese per la verità e la riconciliazione aveva chiesto le scuse della Chiesa per gli abusi perpetrati nelle cosiddette scuole residenti sin dal 2015.
Sul tema, vero motivo del viaggio del Papa in Canada, dunque, si è incentrato anche l'intervento del premier Trudeau. "Come ha detto Vostra Santità, chiedere perdono non è la fine della questione, è un punto di partenza, un primo passo - dichiara -. Lunedì mattina, mi sono seduto con i sopravvissuti e ho sentito le loro reazioni alle sue scuse. Ciascuno ne trarrà ciò di cui ha bisogno. Ma non c'è dubbio che lei abbia avuto un impatto enorme. I sopravvissuti e i loro discendenti devono essere al centro di tutto ciò che facciamo insieme in futuro".
Il monito del Papa alla politica - Monito di papa Francesco alla politica, nella sua quarta giornata in Canada, affrontando altri temi: "Occorre saper guardare alle generazioni future, non alle convenienze immediate delle scadenze elettorali", afferma il pontefice dal suo viaggio in Canada. E sulla guerra, "insensata follia": "Non abbiamo bisogno di dividere il mondo in amici e nemici, di riarmarci fino ai denti", secondo Bergoglio.
"Le grandi sfide di oggi, come la pace, i cambiamenti climatici, gli effetti pandemici e le migrazioni internazionali sono accomunate da una costante: sono globali, riguardano tutti. E se tutte parlano della necessità dell'insieme, la politica non può rimanere prigioniera di interessi di parte", avverte il Pontefice.
"Occorre saper guardare, come la sapienza indigena insegna, alle sette generazioni future, non alle convenienze immediate, alle scadenze elettorali, al sostegno delle lobby. E anche valorizzare i desideri di fraternità, giustizia e pace delle giovani generazioni", aggiunge. "C'è bisogno di politiche creative e lungimiranti, che sappiano uscire dagli schemi delle parti per dare risposte alle sfide globali", ribadisce il Papa.
Inoltre, "oggi, di fronte all'insensata follia della guerra, abbiamo nuovamente bisogno di lenire gli estremismi della contrapposizione e di curare le ferite dell'odio". "Non abbiamo bisogno di dividere il mondo in amici e nemici, di prendere le distanze e riarmarci fino ai denti: non saranno la corsa agli armamenti e le strategie di deterrenza a portare pace e sicurezza - dice -. Non c'è bisogno di chiedersi proseguire le guerre, ma come fermarle. E di impedire che i popoli siano tenuti nuovamente in ostaggio dalla morsa di spaventose guerre fredde allargate".
In uno dei passi centrali del suo discorso, Francesco punta nuovamente il dito contro "le politiche di assimilazione e di affrancamento, comprendenti anche il sistema scolastico residenziale, che ha danneggiato molte famiglie indigene, minandone la lingua, la cultura e la visione del mondo". "In quel deprecabile sistema promosso dalle autorità governative dell'epoca - afferma -, che ha separato tanti bambini dalle loro famiglie, sono state coinvolte diverse istituzioni cattoliche locali; per questo esprimo vergogna e dolore e, insieme ai Vescovi di questo Paese, rinnovo la mia richiesta di perdono per il male commesso da tanti cristiani contro le popolazioni indigene".
"È tragico quando dei credenti, come accaduto in quel periodo storico, si adeguano alle convenienze del mondo piuttosto che al Vangelo", sottolinea il Pontefice.