L’università dopo il diploma di maturità? Per molti è una scelta consapevole, per gettare le basi di un progetto tendenzialmente definitivo. Ma per tanti altri è una strada intrapresa quasi “per inerzia”. Perché, spesso, i ragazzi escono dalla scuola senza le giuste coordinate. E così, per chi non vuole andare subito a lavorare, quella che porta alla laurea appare l’unica via percorribile. Ma che rischia di trasformarsi in un’esperienza molto deludente, specie per chi non è convinto fino in fondo. Eppure ci sono tante valide alternative, a volte più gratificanti di anni passati tra lezioni, esami, libri, dispense e giornate intere di studio e ripasso. Come spiega Daniele Grassucci, direttore del portale di riferimento degli studenti Skuola.net, nonché autore del libro “Dopo la scuola. Come costruire il tuo futuro in sei semplici mosse”, che forte della sua esperienza quotidiana a contatto col mondo della formazione ha voluto aiutare i giovani - neo diplomati e no - indecisi a orientarsi tra le opportunità che non tutti conoscono ma che possono “illuminare” la via. Facendo un favore anche al Paese intero.
Le falle del “sistema Italia”
Perché l’Italia è oggi ingabbiata in un paradosso. “Da una parte - sottolinea Grassucci - abbiamo uno dei tassi di disoccupazione giovanile più alti d'Europa, dall’altra un forte mismatch, ovvero la non corrispondenza tra le richieste in termini professionali del mondo del lavoro e l’offerta di professionalità che possono dare i nostri giovani in uscita dal sistema di istruzione”. Il che contribuisce ad aggravare la piaga sociale dei Neet - quei giovani che non studiano né lavorano - che ha ormai superato quota 3 milioni, circa 1 su 4 nella popolazione di riferimento.
L’università stessa, peraltro, non è stata ancora in grado di trovare una soluzione a questo problema. Se andiamo ad analizzare gli ultimi dati Almalaurea, a un anno dal titolo di studio lavora circa il 75% dei laureati: “Chiaro che a lungo termine - spiega l’esperto - una laurea garantisce una maggiore occupazione e retribuzione, ma può essere un percorso complesso, soprattutto per alcuni titoli non più così appetibili per il mondo del lavoro, mentre ce ne sono altri, come quelli legati alle STEM (ad es. scienze, ingegneria, matematica), che registrano il problema opposto, ovvero ci sono meno professionalità di quelle che occorrerebbero, specie in alcuni settori”.
E allora come uscirne? Da un lato indirizzando i ragazzi determinati a conseguire una laurea verso i percorsi più “spendibili” nel mondo del lavoro. Dall’altro aprendo agli altri tutto il ventaglio delle opportunità, sia di quelle che danno più possibilità di trovare una buona occupazione in tempi rapidi sia di quelle di cui si parla poco ma che potrebbero stuzzicare la fantasia di più di qualcuno.
ITS e ITFS: sono loro le principali alternative all’università
In questo senso, l’alternativa numero uno all'università, se non altro per gli investimenti che ci saranno nei prossimi anni grazie al PNRR - grosso modo 1,5 miliardi di euro - sono gli ITS, gli Istituti Tecnici Superiori, che dal prossimo anno a seguito di una legge recentemente approvata si chiameranno Istituti Tecnologici Superiori (ITS Academy). “Si tratta - Grassucci - di percorsi di formazione di durata perlopiù biennale (ma ci sono anche corsi triennali) che sono progettati e realizzati in sinergia tra enti locali, enti di formazione a livello locale e le realtà produttive e lavorative del territorio. Con un obiettivo specifico: andare a colmare proprio quel mismatch tra domanda e offerta in uno specifico territorio, formando delle alte professionalità che possono andare a supplire le carenze nell'organico che le imprese del territorio vanno a riscontrare. Coprendo moltissimi settori, dall’enogastronomico alle nuove tecnologie per la vita, passando per meccatronica, informatica, ICT, logistica”.
“Spesso - continua il direttore di Skuola.net - non basta più un diploma per occupare certi tipi di posizioni e nemmeno la laurea riesce a dare quel tipo di formazione necessaria per alcune professioni tecnico-pratiche. Proprio per questo sono nati gli ITS”. E i risultati, almeno fino ad oggi, sono importanti: “L’80% degli studenti trova lavoro a un anno dal conseguimento del titolo e soprattutto con un tasso di coerenza, ovvero la corrispondenza tra tipo di formazione e lavoro svolto, superiore al 90%. Questo perché, appunto, i percorsi oltre a essere progettati con le aziende, prevedono per una buona parte delle ore di formazione degli stage o dei tirocini curricolari in azienda nonché un corpo docente che per una buona metà proviene proprio dal mondo produttivo di riferimento”.
Altrettanto performanti si stanno rivelando i “fratelli minori” degli ITS, i corsi che rientrano nell’ambito degli IFTS (istruzione e formazione tecnica superiore). Anche in questo caso le Regioni hanno un’ampia autonomia e soprattutto mandato di costruire l’offerta formativa di questi percorsi. Che hanno una durata minore rispetto agli ITS - si parla di due semestri, più o meno un anno, per un totale di 800/1000 ore - ma che riescono ugualmente a formare quelle professionalità che il mondo del lavoro cerca ma che è difficile trovare tra i ragazzi in uscita dalle superiori. “Un’ottima alternativa all’università soprattutto per coloro che si sentono portati per svolgere mestieri tecnico-pratici”, assicura Grassucci.
Un corso privato? In alcuni casi può rivelarsi una scommessa vincente
Ma, negli ultimi anni, tutta l’offerta gestita in un modo o nell’altro dallo Stato - Università, ITS, IFTS - non sta bastando da sola a colmare quella famosa distanza tra domanda e offerta di lavoro. Perché oggi, conferma Grassucci, “c’è una grande domanda di professionalità in alcuni nuovi settori afferenti all’informatica - come quello dei Big Data, dell’Intelligenza Artificiale, della Blockchain, della Cybersecurity - ma si fa fatica a trovare persone adeguatamente formate per occuparsene, semplicemente perché i canali istituzionali se ne occupano poco. Per questo, sempre più privati stanno ideando delle soluzioni per aiutare sia i giovani che le aziende a “incontrarsi”. Visto che, soprattutto all’inizio della carriera, non è necessario possedere la laurea, un master o un diploma tecnico per svolgere questi lavori.
Alle volte, prosegue l’esperto, “basta un corso intensivo, di poche settimane, unito ad una formazione pratica “sul campo”. In tal senso, mi piace citare il programma “Generation Italy” di fondazione McKinsey, che offre corsi gratuiti agli studenti, finanziati proprio dalle aziende che hanno bisogno di determinate figure, permettendo in poche settimane di diventare, ad esempio, uno sviluppatore nei linguaggi di programmazione più richiesti. Oppure ci sono diverse “accademie”, Geeks Academy per citarne una, che guidano gli studenti verso il mondo, ad esempio, delle nuove professioni del Metaverso”.
Anche le aziende scendono in campo in prima persona sulla formazione
A questo punto del discorso dovrebbe, dunque, essere chiaro come ci sia oggi una forte domanda da parte del mondo del lavoro di “tecnici” con una forte vocazione pratica, che diano una mano per costruire quelle infrastrutture (per le telecomunicazioni, viarie, elettriche), espressamente inserite nel PNRR. Ma i grandi colossi che si occupano di tali infrastrutture, di nuovo, non trovano gli operai specializzati che gli occorrono. E, quindi, investono in prima persona nella formazione di tali figure, pagando poi degli stipendi interessanti. “E’ notizia recente - porta ad esempio Grassucci - che Enel, insieme all’ente di formazione ELIS, ha avviato un programma che si chiama “energie per crescere" e che ha lo scopo proprio di formare nei prossimi anni circa 5.500 giovani, per avviarli alle professioni necessarie allo sviluppo della rete elettrica”.
Perché la transizione ecologica ci porterà ad aumentare la domanda di elettricità ma, se la rete non viene sviluppata, la transizione diventa complicata. Ma questo è solo un esempio perché lo stesso fenomeno sta accadendo in numerosi settori. “I ragazzi in possesso di un diploma tecnico o di una qualifica professionale - suggerisce il direttore di Skuola.net - dovrebbero tenere d’occhio i siti internet di queste grandi aziende che sviluppano infrastrutture proprio per scovare questi programmi che, gratuitamente o addirittura con dei rimborsi spese, permettono di formarsi ma soprattutto di inserirsi rapidamente nel mondo del lavoro”.
Forze Armate e di Polizia: vere e proprie professioni “in divisa”
Uscendo dall’ambito STEM e professioni tecniche, c’è un altro mondo di cui si parla poco nel pubblico dibattito ma che, sotto traccia, sembra riscuotere un discreto successo tra i giovani. E’ quello delle Forze Armate e delle Forze di Polizia: “Secondo una ricerca che Skuola.net ha recentemente svolto con ELIS - riporta Grassucci - il 4% degli studenti che hanno completato il percorso scolastico guarda come sbocco post diploma a questo. E fanno bene, perché i vari corpi - Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Vigili del Fuoco, Polizia Penitenziaria - ogni anno mettono a bando, complessivamente, migliaia di posti per tutte quelle che sono le carriere previste; ruoli iniziali, Sottufficiali e Ufficiali”.
“In particolar modo gli ultimi due percorsi sono dedicati in maniera specifica ai più giovani, perché si può concorrere fino a 22 anni (per le carriere da Ufficiale) e fino a 26 anni (per diventare Sottufficiale), con delle regole per chi ha svolto dei percorsi iniziali come la ferma breve di un anno. Permettendo, da un lato, di essere pagati sin dal primo giorno in cui si entra in una Forza Armata o di Polizia. E, parallelamente, di conseguire durante l’addestramento anche una laurea triennale (per i Sottufficiali) o magistrale (per gli Ufficiali). Perché questo settore ha bisogno non solo di persone specializzate per mettere in campo azioni di tipo militare; ha infatti necessità anche di personale tecnico (medici, ingegneri, giuristi, esperti di logistica, di relazioni internazionali, chimici, biologi, ecc.). Quindi è un'opportunità importante per gli studenti sia per il senso della professione che si va a svolgere sia in termini lavorativi veri e propri. Il che spiega il suo silenzioso successo”.
Cercare subito lavoro? Ok, ma a determinate condizioni
Dopodiché è chiaro che, alla fine, una delle alternative all'università che ha disposizione un neo diplomato rimane il classico tentativo di inserirsi immediatamente nel mondo del lavoro: “Con molti diplomi tecnici e professionali questo è sicuramente è possibile - premette Grassucci - mi sento però di consigliare ai ragazzi, in un’epoca in cui il lavoro è sempre più complesso e in continua evoluzione (si dice che la metà dei mestieri che andremo a svolgere nel 2030 non li conosciamo o addirittura non sono stati ancora inventati) di non rinunciare a una formazione costante”.
Ma il lavoro non è solo quello che abbiamo imparato a conoscere fino a un po’ di tempo fa. Ci sono delle strade che magari oggi non vengono considerate, specie dagli adulti, come delle prospettive lavorative vere e proprie ma che, se affrontate col giusto approccio, possono essere davvero un’alternativa importante: “Penso - spiega il direttore di Skuola.net - a tutti quei che ragazzi che stanno avendo successo economico e professionale nel mondo dei social, come content creator, come streamer, sviluppando degli e-commerce, facendo trading di criptovalute. A tutti quelli che stanno già costruendo il proprio futuro attraverso questi canali, consiglio perciò di continuare e di sviluppare sempre più la propria esperienza”.
Ovviamente non esistono delle scuole per queste nuove professioni, ma esistono delle attività formative che possono aiutare a completare il proprio profilo professionale: “Ad esempio - secondo Grassucci - un ragazzo o una ragazza che sta avendo successo creando contenuti di qualsiasi tipo sui social media, dovrebbe studiare tutto ciò che attiene a una comunicazione efficace oppure lavorare sul potenziamento di alcune competenze trasversali”.
Perché, anche se si inizia a lavorare presto, non bisogna dimenticare di affinare sempre la propria formazione. “C’è una sorta di mantra - conclude l’esperto - che guiderà il lavoro del futuro: in un mondo in continua evoluzione, l’’expertise’ (l’esperienza pregressa) avrà un valore sempre più relativo; quello che davvero conterà saranno la ‘curiosity’, ovvero la continua voglia di apprendere, e la ‘learnability’, ossia la capacità di “scaricare a terra” questa curiosità”. Ma queste sono caratteristiche che dovrebbero accompagnare qualsiasi tipo di percorso.