Separati prima dal Covid e poi dalla guerra. È la storia di una donna ucraina di 39 anni, Marina, e del marito canadese 42enne, Melton. I due si sono sposati in Ucraina nell'autunno del 2019 e da allora non si sono più visti. Dopo il matrimonio, infatti, lui è tornato nel suo Paese, mentre lei è rimasta nella provincia di Kherson, dove vive, per preparare i documenti per ottenere il visto di ricongiungimento familiare. Ma poi è arrivato il Covid, che ha portato al blocco dei voli e al protrarsi delle questioni burocratiche. Quando Marina era a un passo dal ricevere il visto, è invece scoppiata la guerra. Ora la donna è scappata dall’Ucraina e si trova a Milano, ospite della sorella. "Dovrei ricevere il visto entro la prossima settimana, poi potrò fare il biglietto. Io e mio marito non vediamo l'ora di riabbracciarci", dice a Tgcom24.
L'odissea di Marina e Melton, prima il Covid… - Marina e Melton si sono incontrati a Leopoli nell'autunno del 2018. L'uomo si recava spesso nel Paese per turismo. "Nella primavera del 2019, sono andata in Canada a trovarlo. In quell'occasione mi ha chiesto di sposarlo", racconta Marina. Il matrimonio si è poi celebrato nell'autunno del 2019 in Ucraina. Subito dopo lui è tornato in Canada pensando che avrebbe rivisto la moglie dopo non molto. Il tempo di sbrigare le faccende burocratiche per il visto. Così, nel febbraio del 2020 i due hanno inviato i documenti all'ambasciata. "In teoria da quel momento sarebbero dovuti passare 12 mesi per avere una risposta e poi io e mio figlio (avuto da un'altra relazione, ndr), avremmo potuto avere il visto e saremmo potuti partire. Poi è arrivato il Covid, a causa del quale l'ok ai documenti è arrivato con un anno di ritardo, nel marzo 2022", aggiunge la donna.
… e poi la guerra - "Da quel momento, avevamo 30 giorni per poter fare il visto, ma è cominciata la guerra e muoversi è diventato chiaramente pericolosissimo. Io e mio figlio abitavamo nella provincia di Kherson, che è occupata dai russi. Ma tutt'intorno ci sono i bombardamenti, quindi spostandosi si rischia di morire. Inoltre, nella parte occupata si vive costantemente nel terrore, può succedere qualsiasi cosa in qualsiasi momento: violenza, persone che vengono catturate, rapine, distruzione. Questo fa più paura di morire sotto le bombe. All'improvviso, gli occupanti possono entrare nella tua casa e fare tutto quello che vogliono e il timore più grande chiaramente si ha per donne e bambini. Tuttora, anche se sono in Italia, continuo a sentire quel senso di angoscia", continua Marina.
La fuga - Il 2 giugno, la donna è finalmente riuscita a scappare con il figlio. "Ho trovato una persona che organizza viaggi a pagamento, che sa dove e come fuggire. Ci ha portati in Polonia. Abbiamo pagato 600 dollari a testa. Da Varsavia abbiamo preso un treno per Venezia, poi da lì un altro per Milano. In tutto il viaggio è durato 4 giorni", spiega la 39enne.
"A causa della guerra, le autorità hanno prolungato la possibilità di richiedere il visto per il Canada dopo l'ok ai documenti entro un anno (e non più 30 giorni) e da qualsiasi Paese. Io ho fatto la richiesta dall'Italia, ora aspetto solo che sia tutto in regola per poter fare i biglietti e partire. Dovremmo riuscirci entro la prossima settimana. È stata dura, anche perché nemmeno mio marito poteva venire in Ucraina, visto il Covid prima (non si potevano fare viaggi e poi le ondate hanno colpito Ucraina e Canada in diversi periodi) e la guerra poi. Ma ci sentiamo sempre. Lui e la famiglia non vedono l'ora che arriviamo", conclude Marina.