Gli autori di Monkey Island e God of War reagiscono agli attacchi gratuiti su Internet
Critiche, insulti e abusi da parte di utenti maleducati possono diventare insopportabili: le reazioni di Ron Gilbert e Cory Barlog
Con Internet e i social network le distanze tra le persone si sono sostanzialmente annullate, e questo consente a tutti gli appassionati di comunicare direttamente con gli autori dei contenuti che amano.
Un'opportunità fantastica per gli autori, che possono creare un filo diretto con il proprio pubblico, e per gli appassionati che riescono ad avere notizie di prima mano e - magari - a partecipare con i loro feedback alla creazione di un progetto. Un sistema che funziona, fino a che si resta entro certi limiti di comportamento.
Negli ultimi giorni ne abbiamo visto due esempi di come alcuni utenti possono abusare dei mezzi di comunicazione a nostra disposizione: Ron Gilbert, storico sviluppatore di videogiochi e autore - tra le altre cose - dell'amatissima saga di avventure Monkey Island, ha condiviso con il pubblico il primo trailer di Return to Monkey Island, l'ultimo capitolo di una saga che era "ferma" dal 2009, e che non vedeva il suo ideatore - Gilbert, appunto - al timone addirittura dal 1991.
La notizia che il geniale autore americano avrebbe curato un nuovo - e ultimo, pare - capitolo della saga ha generato entusiasmi, ma per alcuni la luna di miele si è interrotta proprio quando, attraverso il trailer, è stata mostrata la visione estetica che Gilbert, insieme al suo team, ha scelto per il nuovo gioco. Lo stile è molto particolare, e chiaramente può non piacere, ma la reazione è stata tremenda: insulti personali, minacce, attacchi di matrice politica assolutamente ridicoli e ingiustificati e così via. Così Gilbert, che teneva un blog personale per tenere gli appassionati aggiornati sull'andamento dello sviluppo, ha deciso di gettare la spugna.
"Ho deciso di chiudere i commenti", ha scritto Gilbert sul proprio blog, dove condivide periodicamente informazioni sulla produzione di Return to Monkey Island, "molte persone si stanno comportando in maniera crudele e ora devo anche eliminare tutti i commenti con attacchi personali. Siamo molto orgogliosi del gioco che abbiamo creato, per noi è incredibile, e se qualcuno non vorrà giocarlo lo capisco ma almeno non rovinate l'esperienza agli altri. Non condividerò più informazioni sul gioco, ormai non provo più gioia quando ne parlo".
Nelle stesse ore, altri utenti hanno attaccato in modo sorprendente anche un altro team di sviluppo, quello di Santa Monica Studio, al lavoro al momento su God of War Ragnarok, uno dei giochi più attesi per PlayStation. Tutto parte da una voce, il classico rumor non confermato, che prometteva nuove informazioni su Ragnarok (già rimandato dal 2021 a un generico "fine 2022") il 30 giugno. Quando il 30 giugno Sony e Santa Monica Studio non hanno fatto alcun annuncio, sui canali social dello studio si sono riversati insulti, critiche e minacce da parte di giocatori delusi. Addirittura, sono stati presi di mira singoli membri del team: una produttrice ha ricevuto foto oscene da persone che pretendevano di conoscere la data di pubblicazione del gioco.
La reazione di Cory Barlog, supervisore di God of War: Ragnarok non si è fatta attendere, e lo sviluppatore non ha usato mezzi termini per condannare le persone che hanno compiuto abusi sui canali social dell'azienda. Con lui, e con Ron Gilbert, si sono schierati altri membri di spicco della comunità videoludica, da Neil Druckmann - che conosce bene la dirompente maleducazione di cui certi gruppi di videogiocatori è capace, dopo gli attacchi subiti ai tempi di The Last of Us: Parte 2 - fino ad arrivare addirittura a Phil Spencer, il capo della divisione Xbox di Microsoft e quindi, tecnicamente, concorrente di Barlog, sviluppatore esclusivo su PlayStation.
Il contatto diretto, attraverso commenti e canali social, è un privilegio che ogni appassionato dovrebbe coltivare: esprimere un'opinione su una scelta estetica non gradita o dirsi delusi perché il gioco che si attende tanto non è ancora pronta non sono in sé cose da condannare, ovviamente il problema è il modo. E anche se gli attacchi vengono da una minoranza, c'è il rischio che molti, come Gilbert, decidano che non sia più sostenibile mantenere un profilo pubblico e condividere informazioni preziose sul loro lavoro. Uno sviluppatore che decide di smettere di comunicare con gli appassionati rappresenta una sconfitta per tutti: in fondo, basterebbe un minimo di misura ed educazione.
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