Chi sono i 45 curdi che Finlandia e Svezia dovranno consegnare a Erdogan
L'accordo prevede l'estradizione di quelli che Istanbul ritiene terroristi. Ma molti in realtà sono giornalisti, insegnanti e ricercatori
La Turchia mette fine al veto per l'ingresso nella NATO di Svezia e Finlandia. A farne le spese sono i curdi: la richiesta esplicita del presidente Erdogan è l'estradizione di 45 persone residenti nei due Paesi Scandinavi.
I tre ministri degli Affari Esteri hanno firmato l'accordo in dieci punti che cede alle richieste del premier turco. Istanbul ha anche imposto a Svezia e Finlandia il divieto di sostenere il popolo curdo in ogni sua forma.
Secondo la Turchia, i 45 curdi appartengono a gruppi terroristici come il PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), alla milizia YPG (i combattenti che in Siria hanno sconfitto l'Isis) e al PYP (gli eroi di Kobane che controllano Rojava).
CHI SONO - Il quotidiano turco Hurriyet ha pubblicato la lista completa dei nomi. Sono 12 le persone attualmente in Finlandia e, secondo Erdogan, sei appartengono al PKK e quattro al FETO (movimento di Fethullah Gülen, ex alleato del presidente turco e oggi considerato dissidente). Sarebbero 33 invece i curdi residenti in Svezia che Istanbul vuole estradare. Però tra i nomi figurano anche giornalisti, insegnanti, ricercatori, che hanno paura di tornare in Turchia ed essere condannati.
Ad esempio l'unica colpa di Bülent Kenes, Levent Kenez e Hamza Yalçın è l'aver pubblicato articoli critici nei confronti di Erdogan. Anche Bülent Keneş, direttore Today's Zaman, è da tempo nel mirino del presidente turco.
Nella lista c'è anche Musa Doğan, attivista condannato in Turchia nel 1993 all'ergastolo per aver partecipato a numerose manifestazioni. Oltre a Mehmet Demir, ex co-sindaco di una città dell'Anatolia del sud, costretto a fuggire dalla Turchia per le sue origini curde. Poi Burcu Ser, impiegato in una associazione internazionale per i diritti delle donne. E Zeynel Abidin Karadiş, esperto di machine learning. Tutti costoro adesso rischiano di dover fare i conti con la giustizia turca.
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