SI CHIAMA "POLY"

E' italiana la prima stampante 3D prodotta dagli scarti agricoli

Alimentata a batteria, l'invenzione di quattro ingegneri campani � in grado di dar vita a oggetti di vario tipo e perfino cioccolatini

Si chiama Poly ed � la prima stampante 3D biodegradabile alimentata a batteria. E' il frutto di un progetto "doppiamente verde" di quattro giovani ingegneri campani: la macchina, infatti, � stata a sua volta stampata in 3D con una bioplastica ricavata dagli scarti agricoli, come l'amido di mais. Il dispositivo, portatile e low cost, � in grado di dar vita a oggetti di vario tipo e perfino a dolci di cioccolato.

Plastica a impatto zero - La stampante � stata realizzata nel laboratorio digitale 3DRap di Mercogliano (Avellino), fondato da Domenico Orsi, Beniamino Izzo, Antonio De Stefano e Davide Cervone. Le caratteristiche "inedite" riguardano l'alimentazione a batteria e il materiale con cui � stato realizzato il dispositivo: si chiama Pla (acido polilattico) ed � una bioplastica a impatto zero ricavata dagli scarti dell'industria agroalimentare. "In questo modo la stampante a fine vita si dissolve in poche ore in un sito di compostaggio e nell'ambiente pu� farlo in circa due anni", hanno spiegato gli ideatori.

Campagna di crowdfunding - Al momento Poly � ancora un prototipo, ma l'intenzione � quella di produrla in serie e lanciarla sul mercato. Per questo, hanno annunciato i giovani ingegneri, nei prossimi mesi partir� una campagna di crowdfunding "grazie alla quale speriamo di avviare la produzione dei primi lotti per poi lanciare la stampante 3D sul mercato a un prezzo di 249 euro".