Si può essere bocciati alla Maturità? Sì. Ma estremizzando, la probabilità che ciò avvenga è paragonabile a quella di portarsi a casa un terno giocando al Lotto. Come i giocatori incalliti sanno, non è proprio un fatto che avviene tutti i giorni. Infatti, appena un anno fa, gli studenti bocciati in sede d’esame sono stati un appena lo 0,2%. Qualcuno potrebbe insinuare che questo sia frutto dell’assenza di prove scritte, a causa della pandemia, e che finalmente il ritorno al Sacro Tema di Maturità restituirà il giusto valore all’esame di Stato.
Oggi è quasi impossibile essere fermati a un passo dal diploma. Ma in passato...
Se non fosse che, anche negli anni precedenti, la musica non è poi stata troppo diversa: bocciato lo 0,3% degli ammessi nel 2019, lo 0,4% del 2018 e lo 0,5% del 2017. A ricostruire la serie storica è il portale Skuola.net, da sempre in prima linea nel cercare di raccontare l’esame di Maturità per quello che è, guardando i numeri: un rito di passaggio che ormai ha poco di rappresentativo in termini di selettività (ammesso che ce ne sia bisogno) o di valutazione oggettiva degli studenti.
Ma è sempre stato così? Non proprio. Se torniamo indietro solamente di una quindicina di anni ci troviamo di fronte a numeri più o meno quadruplicati: in occasione della Maturità 2007, ad esempio, i bocciati furono il 2,1% del totale degli ammessi. Tra l’altro, proprio in quegli anni, l’esame venne modificato introducendo la possibilità di non essere ammessi alla Maturità, quando invece la riforma Berlinguer, entrata in vigore nel 1999, non prevedeva alcun tipo di sbarramento.
Da quel momento, nella conta dei ‘caduti’, a coloro che non raggiungono l’agognato 60, vanno quindi aggiunti i non ammessi all’esame di Maturità. Si tratta di percentuali che, in alcuni anni, nono sono trascurabili: il 3,9% nel 2019, il 4,0% nel 2018, di nuovo il 3,9% di nuovo. Quindi, sommando i non ammessi e i bocciati, dal 2017 a oggi possiamo affermare che 1 studente di quinto su 22 non ce l’ha fatta a prendere la Maturità. Sì perché anche nel 2021, il 4% dei candidati all’esame di Maturità non è stato ammesso. I numeri quindi ci dicono che, confrontando l'Esame 2019, quindi del periodo pre-Covid, con la Maturità 2021, svolta in piena pandemia, la presenza o meno degli scritti non incide più di tanto sul tasso di successo finale.
La presenza o meno degli scritti fa molta differenza
Il vantaggio per chi ha affrontato l’esame di Stato senza scritti, rispetto a quelli che si sono cimentati con quello completo, semmai, è legato al voto con cui ci si diploma. Se nel 2019 gli studenti e le studentesse che si sono diplomati con un voto superiore a 80/100 sono stati circa un terzo del totale (34%), nel 2021 le cose sono andate decisamente meglio: a prendere almeno 80 è stato più di 1 studente su 2. E, sempre nel 2021, si è registrato un netto aumento rispetto al 2019 (ma anche al 2020) degli studenti diplomati con il massimo dei voti, cioè 100/100 (lodi a parte): 13,5% lo scorso anno, contro il 5,6% dell'ultima maturità svolta in condizioni normali (nel 2020 furono il 9,6%). Di conseguenza anche la quota di quanti escono dalle superiori col minimo si è molto ridimensionata: mentre nel 2019 gli studenti con voto di 60/100 si attestavano intorno al 6,9%, nel 2021 questi sono stati appena il 4,8%.
Le prove INVALSI dicono altro
C'è però un dato che non lascia spazio all'immaginazione e ci regala un'istantanea del livello medio degli studenti italiani: le prove INVALSI. E su questo le eventuali preoccupazioni per ciò che attende i ragazzi sono del tutto condivisibili. Se, infatti, nel 2019 il 34% dei diplomati non raggiungeva i requisiti minimi per quanto riguarda le conoscenze base in italiano, nel 2021 si è assistito a un balzo di ben il +9%: lo scorso anno addirittura il 44% degli studenti diplomati presentava forti lacune nell'utilizzo della lingua italiana.