MATURITA' STORY

Quasi un secolo di esami di Stato: come è cambiata la Maturità nel corso del tempo

Dalla riforma Gentile col suo durissimo esame alle versioni studiate per far svolgere la maturità anche durante la pandemia, passando per le formule rimaste in piedi per decenni

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L'esame di Maturità: una delle pietre miliari della formazione di ogni studente. Ma anche un momento di crescita personale. Chi lo attende lo teme; chi lo ha già affrontato, invece, lo ricorda, lo sogna, ne parla anche negli anni a venire. Come fosse una di quelle esperienze che si fanno una volta nella vita (si auspica) e che poi diventano parte del proprio percorso, del proprio “racconto”. Ma l’esame è molto cambiato negli ultimi anni, soprattutto nei più recenti. Complice la pandemia, ogni dodici mesi, sono intervenute novità e modifiche.

Chi pensa però che prima di essa, nel corso di quasi un secolo - sì, perché nel 2023 la Maturità “compie” 100 anni - non ci siano state altre trasformazioni, anche radicali, si sbaglia di grosso. Perché ogni riforma d’esame ha segnato intere generazioni: ci sono quelli che “noi ci si diplomava in sessantesimi” e quelli di “che ne volete sapere voi, che non avete fatto il quizzone” e, ancora, chi dice “sì, ma solo a noialtri sono toccate ‘le buste’”. Non sapete di cosa stiamo parlano? Niente paura, il portale Skuola.net ha fatto un excursus di tutti i cambiamenti che hanno interessato l'esame nel suo secolo di vita.

La prima, tostissima, Maturità: quattro scritti e orale su tre anni di programma

Partiamo dall’inizio. L’esame alla fine del quinto anno di scuola nasce, come accennato, nel lontano 1923. Siamo in pieno regime fascista e il Ministro a cui indirizzare i propri improperi per aver dato i natali alla Maturità è Giovanni Gentile. Un tipo poco clemente: le prove scritte, infatti, ai suoi tempi erano ben quattro e la prova orale si basava sull'intero programma degli ultimi tre anni. Per completare il pacchetto, il Ministro decise che la commissione d'esame fosse composta solo da membri esterni (in gran parte docenti universitari). Così le percentuali di bocciati, all’epoca, erano altissime. Probabilmente pochi studenti avevano in simpatia Giovanni Gentile, e tuttora, ovunque egli sia - ogni giugno da allora  - forse gli fischiano le orecchie a causa della sua “invenzione”.

Si avvicina la Seconda Guerra Mondiale: arriva qualche sconto

Nel 1937, i programmi d’esame si ridussero a quelli dell’ultimo anno. Nel 1940 le cose cambiano ulteriormente: l'Italia stava per entrare in guerra e il Ministro dell’Educazione Nazionale, Giuseppe Bottai, decise che la commissione d'esame fosse interna, eccetto presidente e vicepresidente. Mentre, per un paio d’anni dopo l’inizio della guerra, l’esame venne sostituito con un semplice scrutinio finale.

Il Dopoguerra: ritorna (con qualche semplificazione) la maturità Gentile

Fu il Ministro Guido Gonella, anno 1951, che decise di ripristinare l’esame di maturità di Giovanni Gentile, sia per il numero delle prove scritte che per l’orale che per la formazione della Commissione. Il Ministro Gonella, tuttavia, si mise una mano sul cuore e inserì in commissione dei membri interni (prima due e poi soltanto uno) e limitò i programmi ai due anni precedenti l’ultimo, per i quali tuttavia venivano richiesti soltanto “cenni”.

La Maturità “sperimentale” del 1969 (che è durata quasi trent’anni)

Nel 1969, il Ministro Fiorentino Sullo concepì l’esame che caratterizzò i successivi trent’anni: commissione prevalentemente esterna, con la presenza di un solo membro interno, con due prove scritte e due materie all'orale, di cui una a scelta del candidato. Il voto, in questo caso, era in sessantesimi. Una formula che avrebbe dovuto essere “sperimentale”, dalla vita di soli due anni. Ma forse piaceva particolarmente a studenti, professori e ministri, tanto che è sopravvissuta fino al 1997, quando la legge istituisce la “Maturità del quizzone”, andata in pensione solo nel 2019, pur con varie modifiche itinere. 

Maturità 1999: la prima del “quizzone” e della commissione mista

Così all’esame di Maturità 1999 debutta l’esame concepito dall’allora Ministro Luigi Berlinguer.  Fu proprio lui a decidere l'introduzione della terza prova scritta multidisciplinare, vero incubo per gli studenti per più di vent’anni. Nella prima prova, invece, lo studente poteva scegliere tra quattro tipologie di tracce: analisi del testo, saggio breve, tema di ordine generale e tema storico. Sua anche l’invenzione del credito scolastico, cioè quella parte del voto finale che dipende dalla media scolastica degli ultimi tre anni. All’inizio, al percorso del triennio vennero assegnati 20 punti massimi. 

All’esame orale, che tornava a coinvolgere tutte le materie del quinto anno, faceva la sua apparizione la famosissima tesina multidisciplinare realizzata dal candidato. La commissione era mista, con tre membri interni e tre esterni, più il presidente esterno. Per quanto riguarda il voto, niente più sessantesimi: il massimo obiettivo per i diplomandi è il 100.

I cambiamenti in corso d’opera: dalle commissioni interne alla variazione dei crediti

Da segnalare la parentesi dal 2002 al 2006, con le commissioni composte da soli membri interni tranne il presidente, voluta dalla Ministra Letizia Moratti. Nonché numerosi aggiustamenti in itinere che hanno portato, ad esempio, con Fioroni all’introduzione del voto di 100 e lode (inizialmente il massimo codificato era appunto 100/100) nonché la variazione del peso dei crediti scolastici, passati da 20 a 25. Senza contare il balletto dei criteri di ammissione all’esame: inizialmente tutti gli studenti del quinto anno potevano partecipare alla Maturità, ma in corso d’opera si introdusse la tagliola del giudizio d’ammissione. Fino ad arrivare alla riforma del 2017 che ha rivoluzionato ancora una volta il “sistema” esame di Stato. Una riforma particolarmente sfortunata perché ogni anno ha vissuto cambiamenti e sistemazioni. Non ultime quelle dovute all’emergenza sanitaria.

Maturità 2019: la prima (e unica al momento) figlia della “Buona Scuola”

A regolare gli esami, a partire dal 2019, è il decreto legislativo 62/2017 che rappresenta uno degli ultimi elementi della riforma della “Buona Scuola”. Quello che, in teoria, è in vigore ancora oggi. Il valore del credito scolastico cresce passando dai 25 ai 40 punti raggiungibili nel corso dell'ultimo triennio, spostando di fatto una buona fetta di punteggio dall’esame al percorso scolastico. Non solo: per essere ammessi alle prove, è necessario ottenere la sufficienza in tutte le materie, con la sola opportunità di poter “passare” con una sola insufficienza, purché il consiglio di classe motivi la scelta. Tolleranza zero, invece, sulla condotta: in quel caso un brutto voto comporta la bocciatura.

Per l’ammissione all’esame, si introduce anche l’obbligatorietà dello svolgimento delle ore minime di quelli che oggi definiamo come PCTO, l'ex "Alternanza scuola lavoro", da “relazionare” inoltre al colloquio orale. Così come, dal 2019, le neonate prove INVALSI di quinta superiore diventano anche loro requisiti di ammissione all'esame. Inoltre, durante il colloquio, sono richieste riflessioni su Cittadinanza e Costituzione (oggi Educazione Civica). 

Con la riforma del 2017, firmata Valeria Fedeli, erano già state eliminate la terza prova e la "tesina" all'orale. Gli scritti, dunque, diventano due. Nella prima prima prova, viene sostituito il saggio breve con il testo argomentativo. Le tracce del tema di attualità si sdoppiano, così come quelle di analisi del testo. Si sacrifica il tema storico che, in seguito, verrà “sostituito” con la traccia storica, tra le tre destinate al testo argomentativo. La seconda prova, invece, diventa multidisciplinare, con la possibilità di dover affrontare ben due materie di indirizzo nello stesso compito.

Maturità 2019: debuttano le buste in stile quiz televisivo

Tornando all’ultima riforma strutturale, per il primo anno di vigenza, il 2019, l’allora Ministro Bussetti interpretò la normativa a suo modo, creando il metodo delle famose "buste" al colloquio orale: l’interrogazione finale, che prevede (ancora oggi) la discussione del materiale scelto dalla commissione, quell’anno fu organizzata attraverso il sorteggio - da parte dello studente - di una tra tre buste preparate dai professori, contenenti lo spunto da cui partire per il percorso interdisciplinare. Una ”innovazione”, questa, che scatenò non poche polemiche tanto che, alla fine dello stesso anno, il neo-Ministro Fioramonti la archiviò.

Maturità 2020-21: la pandemia costringe al maxi-orale (e basta)

Con l'arrivo della pandemia da Covid-19, però, il “nuovo esame” non è più andato in scena. Le ordinanze ministeriali, all'interno della cornice normativa del 2017, nello scorso biennio, hanno completamente modificato la struttura delle prove e del punteggio. Nel 2020, dopo il lockdown dei mesi di marzo e aprile, la Ministra Azzolina ha voluto per tutti gli studenti l’ammissione automatica agli esami, le commissioni completamente interne e una sola prova orale, più articolata, che sostituisse in parte anche gli scritti.

Una formula, quella del cosiddetto “maxi orale”, che si è ripetuta nel 2021, senza però l'ammissione per tutti ma ripristinando le bocciature. Ai docenti, infatti, è stata delegata la possibilità di escludere dall'esame finale gli studenti che, pur tenendo conto delle difficoltà legate alla situazione pandemica, non avessero i requisiti minimi per poter sostenere l’esame. La Maturità 2021 presentava anche una più attenta definizione del ruolo dell'elaborato, un lavoro che i candidati hanno presentato alla commissione sulla materia di indirizzo. Una sorta di surrogato della seconda prova.

Comune alle due Maturità il sistema dei voti: fino a 60 punti per il credito scolastico, fino a 40 per il maxi-orale. E gli studenti ringraziano: la media dei voti si impenna rispetto agli anni precedenti.

Maturità 2022: il ritorno delle prove scritte, seppur modificate

Per un breve periodo, si è ipotizzato che un esame composto del solo colloquio orale potesse perdurare anche negli anni successivi, complice la dichiarazione dell’attuale Ministro Bianchi che, sul tema, affermò: "Ci stiamo ragionando". Salvo poi cambiare totalmente opinione pubblicando l’ordinanza dello scorso marzo, che modifica nuovamente l’impalcatura della Maturità: tornano gli scritti, oltre alla prova orale, ma con un sistema che dovrebbe “agevolare” gli studenti. Infatti, solo la prima prova manterrà la traccia “nazionale” stabilita dal Ministero dell’Istruzione; mentre la seconda prova, che verterà su una sola delle materie di indirizzo (anche laddove le discipline caratterizzanti il singolo percorso di studi sono più di una), sarà decisa dai docenti delle commissioni - ancora una volta tutti interni, tranne il Presidente - a livello di istituto.

Anche il punteggio delle prove scritte è ridotto: quella di italiano peserà 15 punti, il secondo scritto solo 10. Il colloquio orale torna ad avere le sembianze di quello pre-pandemia: senza l’elaborato preparato dai maturandi nel 2020 e nel 2021, senza le “buste” ma con i materiali da cui far partire l’interrogazione. Una prova che avrà un valore di 25 punti. Il credito scolastico aumenterà il suo peso, arrivando a contribuire al voto finale per ben 50 punti.