Il ritrovamento

Dopo 52 anni il Nanga Parbat restituisce il secondo scarpone di Gunther Messner: confermata la tesi di Reinhold

Il corpo dell'alpinista ed esploratore italiano, fratello minore di Reinhold, fu ritrovato nel 2005 a 4600 metri di quota. I resti furono cremati, ma parti di alcune ossa furono riportate in Italia 

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A 52 anni di distanza alcuni abitanti delle valli del Nanga Parbat hanno recuperato il secondo scarpone appartenuto a Gunther Messner, arrampicatore italiano, che morì durante la discesa della catena montuosa pakistana, travolto da una valanga. A darne la notizia è stato proprio il fratello Reinhold con un post sul proprio profilo Instagram.

I fratelli Messner, dopo alcuni anni di arrampicate sui rilievi italiani ed europei, nel 1970 si aggregarono alla spedizione di alcuni scalatori tedeschi per raggiungere la vetta del Nanga Parbat. Dopo alcuni giorni di scalata sull'impegnativo versante Rupal, all'epoca mai tentata, i due fratelli guadagnarono la vetta il 27 giugno. A causa della penuria di scorte di cibo, di attrezzature e dell'affaticamento di Gunther, in preda anche ad allucinazioni, i due decisero di scendere l'altro versante, ritenuto più facile.

Quasi al termine della traversata, una valanga sorprese il fratello più giovane che sparì sotto la neve. Reinhold riuscì a raggiungere il campo base sei giorni dopo, quando ormai tutti li avevano dati per morti. Nonostante gli sforzi profusi nelle ricerche, con l'altoatesino che riportò diversi congelamenti - che gli costarono sette dita dei piedi - il corpo di Gunther non venne ritrovato. Questo diede adito a diverse speculazioni, secondo le quali sarebbe stato proprio il sopravvissuto ad aver sacrificato il fratello per non dover condividere con lui la gloria dell'impresa.

Queste teorie vennero prima messe in discussione nel 2000, con il ritrovamento di un pezzo di osso sul versante indicato da Reinhold, poi definitivamente smentite con il ritrovamento dei resti, a 4600 metri, cinque anni più tardi. Mentre la maggior parte delle spoglie vennero bruciate, come da usanza tibetana, lo scalatore altoatesino riuscì a nascondere alcune ossa in uno zaino e a riportarle in Italia. Sottoposte ad analisi del Dna, venne confermato erano proprio i resti di Gunther.

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