Giorgia Soleri, l'aborto da giovanissima, la depressione e la vulvodinia: "La ginecologa mi aggredì..."
L'influencer e scrittrice si racconta in un'intervista e parla della sua raccolta di poesie "La signorina Nessuno"
Non demorde Giorgia Soleri e dopo aver presentato una proposta di legge per il riconoscimento della vulvodinia (di cui soffre) e della neuropatia del pudendo, torna all'attacco con l'aborto. L'influencer e scrittrice, compagna da 5 anni del frontman dei Maneskin, Damiano, si racconta in una lunga intervista in occasione della presentazione del suo libro di poesie "La signorina Nessuno": "Ho abortito quando ero giovanissima... La 194 ha lacune enormi che dovrebbero essere prese in considerazione. Invece rimane una legge fuori dal periodo storico in cui viviamo".
Al Corriere della Sera la giovane 26enne, attivista e impegnata per tutto ciò che riguarda il femminile, svela di aver vissuto momenti difficili e dolorosi nella sua vita, ma di aver scoperto il potere della condivisione facendo attivismo:"Da lì ho avuto la forza di trattare altri aspetti della mia vita, come il soffrire di depressione o l’aver abortito. Ci sono cose di cui non si parla, perché c’è uno stigma pesante. Ma quando apri uno spiraglio, si apre un vaso di pandora. Scopri che molti conoscono quell’esperienza.
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E della sua personale esperienza di aborto Giorgia parla senza timore:"Ero giovanissima, avevo problemi di salute mentale ed economici, non avevo un lavoro con entrate certe. Il momento in cui mi sono interfacciata col mondo sanitario è stato un’esperienza che mi è stata fatta vivere in modo estremamente negativo. La 194 ha lacune enormi che dovrebbero essere prese in considerazione. Invece rimane una legge fuori dal periodo storico in cui viviamo".
E aggiunge: "Sono andata in consultorio e sono stata aggredita dalla ginecologa, che mi sgridò dicendo che noi giovani facciamo sesso senza precauzioni e usiamo l’aborto come contraccettivo, senza sapere nulla della mia storia".
E racconta come in tema di aborto la legge (194) punti a creare sensi di colpa: "Un’assistente sociale indaga sulla tua famiglia per capire se ci siano traumi che ti hanno portato ad abortire con domande violente e invadenti a cui non vorresti rispondere poiché, qualsiasi sia il motivo della scelta, l’aborto è un diritto. Per sette giorni devi soprassedere, non puoi abortire: è come se lo Stato dicesse “ti permetto di fare questa cosa brutta, tu vai in castigo sette giorni, pensaci, se hai ancora il coraggio di farlo, va bene”. Ci sono donne che abortiscono senza senso di colpa, è ingiusto obbligarle a vivere questa esperienza in modo traumatico quando è possibile accompagnarle. Piuttosto di un colloquio con l’assistente sociale, proporrei delle sedute di psicoterapia".
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