Ucraina, l'appello di una figlia 19enne per la mamma arriva a Bruxelles: "Salvate il soldato Taira"
Anna-Sofia Puzanova ha raccontato la storia di sua madre agli europarlamentari chiedendo aiuto per lei, paramedico volontario di Kiev che è stata catturata a Mariupol dai russi a metà marzo
Ucraina, l'appello di una 19enne a Bruxelles: "Salvate mia madre, il soldato Taira"
Da due mesi e mezzo non si hanno più notizie di lei, la sua body cam è stata recuperata e mostra le immagini degli aiuti che stava dando alla popolazione dei dintorni di Mariupol durante un'evacuazione e proprio durante un "corridoio verde" pare sia stata catturata dai soldati russi. Era il 16 marzo e da allora del soldato Taira, nome in codice di Julia Paevska, paramedico volontario di Kiev, sostenitrice di EuroMaidan e nota nel Paese per le sue imprese sportive, non si hanno più notizie. Il governo ucraino ne chiede il rilascio durante gli scambi di prigionieri, ma il suo nome non compare mai nelle liste dei russi. Così la figlia 19enne Anna-Sofia Puzanova, riparata all'estero allo scoppio della guerra, è arrivata fino a Bruxelles per chiedere aiuto agli europarlamentari. "Salvate il soldato Taira", ripete da settimane. E sui social diffonde l'hashtag #savetaira.
"Il 16 marzo, miliziani della Repubblica popolare di Donetsk hanno arrestato mia madre e il suo autista a un posto di blocco nel villaggio di Mangush, vicino a Mariupol", ricorda Anna-Sofia al sito internet Svoi.global. "Mia madre oggi non è più un soldato, - precisa, - era a Mariupol come civile, è un paramedico volontario. E il fatto che i russi la tengano prigioniera è una violazione dei diritti umani. Dico al mondo che mia madre per tanti anni ha rischiato la vita per salvare quella degli altri. E ora è il momento di salvarla dalla prigionia".
"Dopo il 2014, quando ha sostenuto le proteste di piazza Maidan, - continua la figlia, - è diventata paramedico ed è stata messa a capo dell'unità 'Gli angeli di Taira' che opera nel Donbass da tempo. Il 21 o 23 febbraio, non ricordo esattamente, è andata a Shirokino per aiutare la popolazione, perché sapeva della possibilità di un'invasione russa nell'est, non poteva prevedere una guerra in tutto il Paese".
"Dal 24 febbraio al 14 marzo, - sottolinea - siamo rimaste in contatto, io avevo già lasciato l'Ucraina. Non era possibile parlare tutti i giorni e il 5 marzo abbiamo avuto una conversazione piuttosto lunga rispetto al solito in cui mi riferiva che l'ospedale dove operava era pieno di feriti". La mattina del 16 marzo, dopo due giorni di silenzio, la 19enne ha pensato che la madre non potesse chiamare, ma la sera stessa un amico le ha comunicato che era stata fatta prigioniera. "Inizialmente la notizia non era ufficiale, ma successivamente è stata confermata da amici comuni dal fronte. E anche se mia madre fin dall'infanzia mi aveva preparato al fatto che potesse succederle qualcosa, provo impotenza e rabbia".
Da qui la mobilitazione per riportare il "soldato Taira" a casa. "Ora ho una missione importante in Europa: viaggio in diversi Paesi come attivista, rappresentando gli interessi di mia madre e di altre 500 donne prigioniere. Sono già stata ricevuta al quartier generale delle Nazioni Unite a Vienna e a Bruxelles, dove ho incontrato i rappresentanti del Parlamento europeo", aggiunge. "Sono stata anche a L'Aia per gli Invictus Games: mia madre si stava preparando nel team ucraino da più di due anni, doveva gareggiare in tre specialità: tiro con l'arco, nuoto e sollevamento pesi. Nel 2019, mentre era ancora un soldato, aveva vinto due medaglie: l'oro nel nuoto e il bronzo nel tiro con l'arco. Poi le competizioni internazionali di 2020 e 2021 sono state annullate a causa della pandemia di Covid".
"Quando arriverà la pace, continueremo a praticare sport, ad allenarci nel tiro con l'arco e nel Jiu-Jitsu brasiliano. Apriremo una caffetteria. Non perdo la speranza che tutto questo accadrà...", conclude.
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