La partita, diciamolo subito, è finita 4 a 0 per i Carabinieri. I Giornalisti hanno tentato di resistere, ma in questo "2º Trofeo Carabinieri Giornalisti" una nota positiva, da un punto di vista calcistico c’è: l’anno scorso le "pappine" rifilate sono state 5. Cinque reti segnate dai militari dell'Arma. Ma, in fondo, anche questa volta a vincere sono stati tutti quanti. In primo luogo, Federico, in onore del quale l’Arma dei Carabinieri ha voluto sostenere l'iniziativa pensata dalla mamma del piccolo ucciso il 25 febbraio del 2009 dal papà con 37 coltellate e un colpo di pistola alla nuca durante un incontro protetto all'interno del consultorio di San Donato Milanese, alla presenza dei due assistenti sociali e dell'educatore. Dalla disperazione della madre è nato qualcosa di positivo portato avanti concretamente dall'Associazione "Federico nel cuore".
Oltre ad una serie di iniziative per promuovere una legge a tutela dell'infanzia (il Ddl 2417 attualmente in Commissione Giustizia del Senato) l'Associazione "Federico nel cuore" ha organizzato questo torneo ormai istituzionalizzato per volontà dell’Arma e dei Giornalisti. "La mamma di Federico ha sempre detto che in questa tragica vicenda lei aveva avvertito intensamente la presenza dei Carabinieri che avevano sempre tentato di proteggere il suo bambino – racconta Enrico Fedocci, cronista del Tg5 - ma anche quella dei giornalisti che hanno sempre dato voce alla sua richiesta di giustizia". "Per questo, Antonella ed io – continua Fedocci - abbiamo deciso di mettere insieme queste due realtà positive in una partita di calcio, rispondendo con un messaggio di speranza ad una tragedia che ha scosso fortemente l’opinione pubblica".
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"Idealmente siamo qui - ha detto il Generale Andrea Taurelli Salimbeni, Comandante della Legione Carabinieri Lombardia che per l’occasione ha tolto l’uniforme entrando in campo e giocare la partita - per ricordare un bambino e per sostenere l’esempio di questa mamma che non si arrende e che, attraverso la memoria del proprio figlio tragicamente perso vuole stare accanto a tutte le mamme che sono in difficoltà".
"Qual è il senso che unisce tutti coloro che sono qua - ha aggiunto il Generale Iacopo Mannucci Benincasa, Comandante Provinciale dei Carabinieri di Milano - io penso che sia il desiderio, la voglia e l’impegno di mettersi al servizio degli altri. E l’esempio migliore è dato dalla signora Antonella: anziché, in questi anni, rinchiudersi in quello che è il suo legittimo dolore, ha inteso non solo far rivivere la memoria di suo figlio, ma si è messa al servizio degli altri, con un impegno concreto, attivo".
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L’evento, patrocinato dal Comune di Milano e sponsorizzato da Radio Lombardia, si è svolto sabato pomeriggio alle 14 nel campo di via Alessandro Fleming 13, presso il Centro Sportivo US Triestina. "Avevo due modi di reagire alla tragedia dell’omicidio di mio figlio – ha spiegato Antonella Penati, Presidentessa dell’associazione – uno di questi era mettermi al servizio degli altri per fare in modo che non accada mai più e che bambini sfortunati come il mio piccolo possano essere salvati”.
I Carabinieri avevano raccolto le tante denunce di Antonella. "Il luogotenente Vincenzo Gullo della Stazione di San Donato Milanese ha avuto un ruolo fondamentale nel tentativo di salvare Federico – spiega Antonella – a tal punto che il mio bimbo parlava di lui definendolo 'il suo Comandante'. Federico, nato il 19 aprile del 2000, proprio grazie a quel rapporto così stretto con l’investigatore avrebbe voluto fare il Carabiniere per aiutare gli altri". Oggi Federico avrebbe 22 anni.
In questa seconda edizione del Trofeo l'associazione ha organizzato con gli studenti dell'istituto Iqbal Masih un concorso d'arte finalizzato alla realizzazione di una maglia contro la violenza. "Un’importante iniziativa che vede coinvolti i giovani al fine di favorire tra le nuove generazioni la diffusione di una cultura non violenta", ha commentato Antonella Penati.
Presente all’incontro, in rappresentanza del Comune di Milano, il Consigliere Comunale e vicepresidente Commissione Sicurezza e Coesione Sociale, Daniele Nahum. "L’impegno di Antonella dimostra come un dolore non guaribile possa trasformarsi in una storia di testimonianza civile. Quella che sta portando avanti – ha concluso il rappresentante del Comune di Milano – è anche una battaglia per i diritti dei minori a cui deve essere garantita protezione verso un genitore aggressivo e violento".
"Io conosco Antonella da tanto tempo e cerco di lavorare a seguito di ciò che ho imparato e capito dalla sua tragica esperienza - ha detto Diana De Marchi, Assessore al Lavoro della città Metropolitana di Milano - il problema è che spesso, troppo spesso, le donne e i bambini non sono creduti perché a volte non c’è preparazione e formazione sul tema".
"Il giornalismo fa grande cronaca ma deve prestare attenzione al linguaggio che, talvolta, inconsapevolmente sembra assolvere l’aggressore, ma soprattutto il giornalismo deve imparare a fare prevenzione, promuovendo con costanza i temi di dibattito civile anche quando questi restano ai margini dell’agenda politica proprio come il caso di Antonella", ha chiosato Alessandro Galimberti, già Presidente dell’Ordine Lombardo e dell’Unione Nazionale dei Cronisti.