Nel derby tutto coreano tra Hyundai e Samsung (le due conglomerate si scambiano sorrisi ma non si amano) entrano in campo Joe Biden e Stellantis. Terreno di gioco gli Stati Uniti, campo neutro ma non troppo. Perché se il mercato della mobilità elettrica fa gola a tutti, è perché i grandi mercati auto mondiali ‒ Usa, Cina e Ue ‒ stanno schiacciando lʼacceleratore sui veicoli a batteria.
Hyundai investirà 5,54 miliardi di dollari per un impianto dedicato alla produzione di batterie e veicoli elettrici in Georgia. Prima tranche di un mega investimento da 10 miliardi di dollari. Lʼannuncio è stato fatto a Seul, dove il Presidente Usa Joe Biden è stato in visita nei giorni scorsi, incontrando anche il presidente del colosso coreano Euisun Chung. Operativo da gennaio 2023, lʼimpianto produrrà 300.000 veicoli elettrici lʼanno e, dal 2025, anche tante batterie. Sfregandosi le mani, Biden ha affermato che lʼalleanza tra Usa e Corea del Sud è “fulcro di pace, stabilità e prosperità”, aggiungendo la necessità di creare catene di forniture (supply chain) affidabili e sicure, e ci ha infilato dentro pure “resilienti”. Che non guasta mai!
Le stesse ragioni valgono però anche per Samsung, anchʼessa coreana, solida e ben insediata in Usa. Il campionato in cui gioca Samsung è quello dei microchip (ma in patria fa pure automobili), senza i quali lʼindustria dellʼauto globale ha rivelato tutta la sua fragilità. Samsung aprirà nel 2024 un impianto in Texas di semiconduttori, parte di investimenti in Usa per 17 miliardi di dollari. Inoltre in settimana è stato annunciato lʼaccordo tra Stellantis e Samsung SDI per aprire nel 2025 uno stabilimento di batterie a Kokoma, Indiana, per 33 GWh annui. Investiranno 2,5 miliardi di dollari, creando 1.400 posti di lavoro. E così Stellantis potrà aggiungere alle sue tante stelle le tre coreane (Samsung in coreano significa “tre stelle”). Star System!
Chi ha paura del Big Bad Wolf? ‒ Wolfsburg in tedesco significa “città del lupo” ed è nata per produrre automobili. Qui, in Bassa Sassonia, il regime nazista decise nel 1938 dʼimpiantare la fabbrica di “automobili del popolo” (Volkswagen), dando impulso alla città che vi si costruì attorno. Sʼiniziò col Maggiolino, la cui storia in pratica è arrivata fino a noi. Oggi Wolfsburg conta 125 mila abitanti e 55 mila sono i lavoratori Volkswagen. A due passi dal vecchio confine con la Germania Est, a Wolfsburg pare non ci sia niente se non la fabbrica e le guide turistiche tedesche sconsigliano di visitarla. Nel 2003, per darle un tono di vivacità, la ribattezzarono “Golfsburg” per qualche settimana, in omaggio alla Golf che si costruiva in città.
Insomma una città da paura, proprio come il “grande lupo cattivo” delle fiabe, eppure da lì è giunta una di quelle notizie che fanno sorridere a denti larghi, ma solo alcuni: visti i 20 miliardi di euro di utile operativo, il CdA e il Consiglio di Sorveglianza Volkswagen propongono un dividendo di 7,50 euro per azione ordinaria e 7,56 euro per azione privilegiata. Però! “Grazie a una valida gestione della crisi, siamo solidi dal punto di vista finanziario e abbiamo rafforzato la nostra resilienza (sempre lei!)”, recita la nota aziendale. Arrabbiatissimi i lavoratori, guidati da Daniela Cavallo, cui è stato paventato dallʼamministratore delegato Diess un taglio di 30.000 posti di lavoro! E pensare che fino al 2020 Volkswagen elargiva un premio produttività di quasi 5.000 euro a ogni dipendente. Vacche magre e lupi sazi!