Il rapporto di Greenpeace

Mediterraneo più caldo, il cemento mangia le coste

Meno gorgonie sui fondali e più costruzioni sui litorali: l'allarme ambientale arriva da due rapporti, quello della ong Greenpeace e l'altro dell'istituto di ricerca pubblico Ispra

Mediterraneo più caldo e più cementificato, con meno gorgonie sui fondali e più costruzioni sui litorali. L'allarme ambientale viene da due rapporti: uno della ong Greenpeace, l'altro dell'istituto di ricerca pubblico Ispra. Greenpeace. per il secondo anno. ha pubblicato il rapporto del suo progetto "Mare Caldo", condotto con l'Università di Genova. E come avviene ai coralli tropicali che si "sbiancano" per il calore, si è visto che anche diverse specie mediterranee mostrano evidenti segnali di necrosi a causa dell'aumento delle temperature.

E' stata rilevata un'anomala "ondata di calore" a giugno 2020 all'Isola d'Elba e all'Area Marina Protetta di Portofino, con temperature che in pochi giorni e per un periodo di tre settimane hanno registrato un aumento di circa 1,5 gradi centigradi rispetto al valore medio mensile, fino a 35-40 metri di profondità. Questi shock termici, registrati anche in Spagna e Francia nello stesso periodo, sono particolarmente dannosi per gli organismi sensibili come le gorgonie, specie simbolo dell'habitat a coralligeno del Mediterraneo.

Come avviene, infatti, ai coralli tropicali che si "sbiancano" per il calore, anche diverse specie mediterranee mostrano evidenti segnali di necrosi a causa dell'aumento delle temperature. Ad essere colpite sono gorgonie, alghe corallinacee, spugne. I maggiori segnali di sofferenza sono stati registrati sulle gorgonie rosse, bianche e gialle della AMP di Capo Carbonara (Sardegna). A sbiancarsi sono anche le alghe corallinacee incrostanti, particolarmente colpite da questo fenomeno nelle AMP di Torre Guaceto (Puglia) e Capo Carbonara, e il madreporario mediterraneo Cladocora caespitosa.

A Miramare (Trieste), nell'agosto 202, è stato possibile evidenziare la relazione tra una moria di spugne nere dovute alla presenza di solfobatteri e un'ondata di calore in mare. L'aumento delle temperature porta alla scomparsa di alcune specie, mentre altre, dette termofile, cioè amanti del caldo, proliferano. E' il caso del vermocane (Hermodice carunculata), aumentato in modo considerevole nelle aree marine protette più meridionali, o di alcune specie aliene, come il mollusco gasteropode di origine polinesiana Lamprohaminoea ovalis, osservato per la prima volta all'isola d'Elba.

Se i fondali italiani soffrono, anche le coste non se la passano bene. L'istituto di ricerca del Ministero della Transizione ecologica, l'Ispra, ha diffuso l'aggiornamento della sua banca dati "Linea di costa italiana". Negli ultimi vent'anni, ogni anno in Italia sono stati persi 5 chilometri di costa naturale, a causa della costruzione di nuove strutture artificiali: una misura che equivale all'intero litorale di Fregene, a Roma.

La cementificazione è ancora più rilevante nelle zone retrostanti le spiagge: ogni anno dune costiere, terreno coltivato, vegetazione e formazioni naturali sono state sostituite da oltre 10 chilometri di opere antropiche. La linea di costa italiana misura circa 8.300 chilometri: il 13% è occupato da opere artificiali come porti, opere di difesa costiera, opere idrauliche di impianti industriali, strutture artificiali a supporto della balneazione.

Negli ultimi 20 anni, la costa artificializzata è aumentata complessivamente di oltre 100 chilometri. Un discorso parallelo riguarda l'interfaccia tra le spiagge e il territorio circostante. Nell'insieme, la linea di retrospiaggia misura circa 4.000 chilometri. Di questi, solo metà restano naturali, mentre oltre il 20% è completamente occupato da opere artificiali, come infrastrutture viarie, abitazioni, lidi, siti produttivi. L'incremento in questo caso è stato di oltre 200 chilometri negli ultimi 20 anni.

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