Ripristinare la biodiversità dei Faraglioni di Capri
Il nuovo progetto degli algologi dell’Università di Trieste per ripopolare le foreste marine italiane
Le foreste marine rappresentano alcuni tra gli habitat più produttivi e importanti di tutto il Mediterraneo, delle vere e proprie nicchie ecologiche che però stanno scomparendo sempre più rapidamente. Le cause principali? Cambiamenti climatici e fattori antropici. Proprio per cercare di tutelare e preservare questi preziosi habitat capaci di produrre ossigeno e assorbire CO2, il team di algologi dell’Università degli Studi di Trieste – CoNISMa (Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare) che da 15 anni si occupa di restauro ecologico di foreste marine di macro-alghe, ha avviato un nuovo importante progetto per il ripristino ambientale dei Faraglioni di Capri. L’operazione, attraverso un’azione concreta di restauro ecologico delle foreste e dei fondali marini, mira a innescare e accelerare il processo di mitigazione del danno ambientale causato dalla pesca illegale del dattero di mare che ha tristemente trasformato un paesaggio ricco di biodiversità in un deserto biologico.
Ripopolare le foreste marine italiane
“Negli anni abbiamo sviluppato e testato metodi di coltura di un’alga bruna che colonizza i fondali del Mediterraneo per riforestare le aree desertificate in modo eco-sostenibile. A Capri, stiamo lavorando su popolamenti superficiali e profondi oltre i 40 metri, utilizzando per la prima volta anche altri approcci innovativi recentemente sviluppati dal nostro gruppo di ricerca, perché l’intervento di ripristino abbia la massima efficacia con il minimo impatto sui Faraglioni, che rappresentano un ambiente estremamente delicato e di pregio non solo dal punto di vista biologico ed ecologico ma anche paesaggistico” spiega Annalisa Falace, docente di Algologia dell’Università di Trieste e referente scientifico del progetto.
Il metodo sviluppato dai ricercatori dell’Ateneo è ormai applicato in diverse aree del Mediterraneo e riconosciuto anche dalla Comunità Europea come buona pratica di riferimento per il restauro marino. L’originalità della metodologia impiegata dall’Università di Trieste nell’ambito del progetto europeo ROC-POPLife ha portato al ripopolamento delle foreste marine nelle due aree protette delle Cinque Terre e Miramare. Il nuovo protocollo di coltura consiste nella produzione in acquari di nuove “plantule” da reintrodurre poi in ambiente marino senza danneggiare così i siti donatori.
La prima fase dell’operazione sui fondali capresi prevede la caratterizzazione tassonomica delle foreste marine e l’individuazione dei siti che sono stati maggiormente danneggiati dalla pesca di frodo e più idonei al restauro. L’intervento di riforestazione vero e proprio inizierà nei mesi estivi.
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