Ucraina, la giornalista russa rifugiata a Helsinki: "Nel Donbass sembra di rivivere la guerra in Cecenia"
Oksana Chelysheva a Tgcom24: "La violazione dei diritti umani è ovunque, raccolti documenti sui crimini di guerra"
"La situazione in Ucraina dal 2014 mi ricorda la Cecenia che combatteva per la sua indipendenza. Il Donbass ha sempre respinto il cambiamento violento di potere voluto con EuroMaidan, ma non voleva separarsi dall'Ucraina. Quando ero lì a documentare i crimini di guerra, gli abitanti mi ripetevano: noi siamo ucraini, ma perché l'esercito ucraino è contro di noi?". E' l'analisi che a Tgcom24 fa Oksana Chelysheva, giornalista russo-ucraina, nata a Zaporizhzhya e vissuta tra Togliatti e Nizhny Novgorod, diventata attivista dei diritti umani proprio durante la seconda guerra cecena (in Cecenia ha vissuto dal 2003 al 2007 e lì tra l'altro ha conosciuto la reporter Anna Politkovskaya uccisa a Mosca nel 2006), e per questo è da 15 anni rifugiata politica a Helsinki. "Nel Donbass, come oggi in tutta l'Ucraina, fornire armi senza controllo - precisa - vuol dire solo gettare benzina sul fuoco. Non c'è certamente la volontà di raggiungere una soluzione. Il risultato è: più vittime".
Innanzitutto, dal momento che ha a che fare molto da vicino e da tempo con gli orrori della guerra, come si sente?
"Sono rimasta scioccata dall'invasione russa dell'Ucraina del 24 febbraio. Ma non vuol dire che ne fossi sorpresa, visto che da 8 anni seguo la crisi del Donbass, una guerra che per il resto del mondo è stata invisibile. Ho sempre avuto paura che qualcosa di molto terribile potesse accadere. Ed è accaduto. Collaborando da sempre con l'ente nazionale del Comitato di pace finlandese e scrivendo per media finlandesi indipendenti come Rauhanpuolustajat e Gazeta.fl, sono anni che cerco di comprendere le diverse ragioni che avevano portato a questo conflitto nel cuore dell'Europa. L'Ucraina ha un presente complicato e un passato altrettanto complicato. Poi nel 2014 la separazione: chi con EuroMaidan voleva davvero cambiamenti positivi e chi ha rifiutato quella protesta di piazza. Non tutti quelli che erano a Maidan erano genuini, autentici. Alcuni volevano solo il potere. Conosco molti veri partecipanti ai fatti di Maidan che sono rimasti delusi da quegli eventi. Tuttavia, ciò non giustifica la guerra del 24 febbraio".
Il suo lavoro da 8 anni è raccogliere materiale per denunciare crimini di guerra: ora si è intensificato?
"La situazione da otto anni nel Donbass è paragonabile alla guerra russa in Cecenia, che ho seguito nel 2003. Allora ero contraria a quel conflitto, ero all'opposizione del Cremlino e lì ho iniziato a occuparmi, da giornalista, di diritti umani per un'agenzia di stampa. Collaboravo anche molto con la testata russa d'opposizione Novaya Gazeta della Politkovskaya e con l'Ong per i diritti umani Memorial, oggi bandita in Russia. E ora colgo molte somiglianze con i ceceni che volevano l'indipendenza. Quando sono andata per la prima volta in Donbass nell'ottobre 2014 la popolazione voleva mantenere la sua lingua, la sua cultura, la sua storia. Ricordo che una donna mi diceva: 'Noi siamo ucraini, com'è possibile che l'esercito ucraino ci spari contro?'. La popolazione del Donbass, che è diversa dalla Crimea, non voleva separarsi dall'Ucraina, ma non riconosceva Maidan. Ma ora la situazione è peggiore. Condanno Putin per questo attacco, ma quando sento sempre più armi agli ucraini, senza controllo, ho paura, perché non si raggiunge così il cessate il fuoco. E' davvero difficile dirlo adesso, ma il mio atteggiamento verso possibili risoluzioni non è cambiato: dobbiamo fare tutto per la pace. Sfortunatamente non vedo alcun segno dai negoziati dall'una e dall'altra parte. E il conflitto diventa sempre più aggressivo".
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