LA LETTERA

Silvio Berlusconi e la "profezia" nel 2015: "Se isoliamo Putin la Russia si unirà alla Cina"

Il leader di Forza Italia già 7 anni fa aveva previsto i guai che oggi stiamo affrontando scontrandoci con Mosca

© ansa

Mentre infuria la guerra in Ucraina, Putin a Mosca celebra la vittoria della Russia contro i nazisti di Hitler. E lo fa senza alcun esponente occidentale presente nella Piazza Rossa. Un episodio che fa tornare indietro a qualche anno fa, nel 2015. Anche allora nessun Paese Occidentale inviò suoi esponenti, ma allora non c'erano le armi a "parlare". E in quella occasione Silvio Berlusconi scrisse una lettera al direttore del Giornale che, vista oggi, sembra profetizzare la storia attuale. Berlusconi invitava i leader mondiali a "non isolare Putin" perché sarebbe stato "un errore di prospettiva". "Perché alzare i toni? Perché invitarlo a considerare la Russia una potenza asiatica?", scriveva Berlusconi. E oggi abbiamo una Russia in pieno conflitto diplomatico con l'Occidente e una Cina sempre più vicina a Mosca. Nelle scorse ore Macron invita tutti a non cercare una rivincita contro Putin perché la "pace non si raggiunge umiliando l'avversario". Un déjà vu. Ecco la lettera di Silvio Berlusconi nel 2015.

Caro Direttore, l'assenza dei leader occidentali alle celebrazioni a Mosca per il 70º anniversario della seconda guerra mondiale è la dimostrazione di una miopia dell'Occidente che lascia amareggiato chi, come me, da Presidente del Consiglio ha operato incessantemente per riportare la Russia, dopo decenni di guerra fredda, a far parte dell'Occidente.
La scelta di non essere presenti a Mosca è prima di tutto una mancanza di rispetto al contributo decisivo della Russia alla vittoria su Hitler nel 1945. E bene ha fatto il Corriere a sottolinearlo con il bell'articolo di Franco Venturini. Naturalmente il regime di Stalin era un regime criminale, ma il sangue versato dai soldati russi (si calcolano 20 milioni di morti) per una causa che era anche la nostra meriterebbe ben altra considerazione.

Quello che stiamo commettendo è un errore di prospettiva. Quella tribuna sulla Piazza Rossa, sulla quale di fianco a Putin siederanno il Presidente cinese, il Presidente indiano, gli altri leader dell'Asia, non certificherà l'isolamento della Russia, certificherà il fallimento dell'Occidente.

Davvero pensiamo, dopo decenni di guerra fredda, che sia una prospettiva strategica lucida quella di costringere la Russia ad isolarsi? Costringerla a scegliere l'Asia e non l'Europa? Crediamo che questo renderà il mondo un luogo più sicuro, più libero, più prospero?

Nell'attuale scenario geo-politico l'Occidente ha di fronte due sfide, quella economica delle potenze emergenti dell'Asia e quella politica e militare dell'integralismo islamico. Per sostenere queste sfide è fondamentale avere la Russia dalla nostra parte. Ciò sarebbe coerente d'altronde con la storia e la cultura della Russia, che è per vocazione un grande paese europeo.

Perché allora isolare Putin? Perché costringerlo ad alzare i toni della sfida con l'Occidente? Perché invitarlo a considerare la Federazione Russa una potenza asiatica?
È vero, con la Russia ci sono delle serie questioni aperte. Per esempio la crisi ucraina. Ma sono problemi che è ridicolo pensare di risolvere senza o contro Mosca. Anche perché in Ucraina coesistono due ragioni altrettanto legittime, quelle del governo di Kiev e quelle della popolazione di lingua, cultura e sentimenti russi. Si tratta di trovare un compromesso sostenibile fra queste ragioni, con Mosca e non contro Mosca.

Certo, siamo consapevoli delle ragioni dei paesi baltici che hanno sofferto l'espansionismo sovietico. È ovvio che dobbiamo farci carico della loro sicurezza. Ma tale sicurezza si garantisce meglio con una Federazione Russa parte integrante dell'Europa e dell'Occidente, o con una Federazione Russa asiatica, isolata e conflittuale?
E questo senza contare l'elevatissimo prezzo economico che le aziende italiane ed europee stanno pagando per la recente adozione di una politica sanzionatoria che non ha portato alcun risultato concreto.
Per tutte queste ragioni, caro Direttore, considero quelle poltrone vuote sulla Piazza Rossa non una prova di forza, ma l'emblema di una nostra sconfitta.