Voto amministrativo a vasto raggio nel Regno Unito, dove milioni di aventi diritto, circa la metà della popolazione, sono stati chiamati alle urne per rinnovare parte dei consigli comunali dell'Inghilterra, tutti quelli della Scozia e del Galles. Un test importante per il governo di Boris Johnson che ha dovuto incassare una pesante disfatta. "Abbiamo avuto una notte dura in alcune parti del Paese" ammette lo stesso premier britannico commentando i primi risultati elettorali. I conservatori perdono anche Westminster, passata per la prima volta nella sua storia ai laburisti.
Nel complesso, guardando all'intero Paese, si tratta di un test condizionato da molte variabili territoriali: dalla Brexit ai contraccolpi della pandemia da Covid, passando per gli effetti delle sanzioni innescate dall'invasione russa dell'Ucraina, oltre che di numerosi problemi interni alle varie aree dell'isola. A pesare sulla perdita di consensi del premier britannico anche lo scandalo Partygate sui ritrovi organizzati a Downing Street in violazione delle restrizioni anti Covid fra il 2020 e il 2021 (per uno dei quali è stato multato dalla polizia).
Il partito laburista, all'opposizione, ha ottenuto il controllo di Wandsworth, Barnet e Westminster, tre distretti londinesi a lungo amministrati dai conservatori. I risultati devono ancora arrivare dal resto dell'Inghilterra (dove i seggi in palio sono più di 4mila) e da tutta la Scozia e il Galles (dove sono in gioco più di mille seggi per ciascuno). In Irlanda del Nord, gli elettori stanno eleggendo la nuova Assemblea, da 90 seggi. I sondaggi suggeriscono che il partito nazionalista irlandese Sinn Fein potrebbe incassare la maggioranza dei seggi e la premiership, in quella che sarebbe una vittoria storica. La campagna elettorale è stata dominata dall'aumento dei prezzi di cibo e carburante, che ha fatto salire vertiginosamente le bollette delle famiglie. I partiti di opposizione chiedono al governo di fare di più per alleviare la crisi del costo della vita causata dalla guerra in Ucraina, dall'interruzione della pandemia di Covid-19 e dalle scosse di assestamento economiche dovute all'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea. Sia i laburisti di centro sinistra che i liberaldemocratici di centro sostengono una tassa sulle compagnie energetiche, che hanno riportato profitti record in mezzo ai prezzi del petrolio e del gas alle stelle. Il governo conservatore di Johnson sostiene che tassare le grandi aziende come Shell e BP scoraggerebbe gli investimenti tanto necessari nelle energie rinnovabili, che sono la chiave per rispettare gli impegni climatici del Regno Unito.