Monsignor Vincenzo Paglia, il Patriarcato russo con una nota ha manifestato irritazione per le parole di Papa Francesco al Corriere definendo “toni sbagliati” quelli del Pontefice, perché nell’intervista ha parlato di Kirill come persona che “non può trasformarsi nel chierichetto di Putin”. Cosa succederà adesso?
Intanto credo sia giusto chiarire che da parte di Papa Francesco non c’era sicuramente alcun intento a offendere il Patriarca, anzi, penso che la frase del Pontefice vada compresa nel quadro di un colloquio in cui c’è stata una ricerca fraterna di vie che le Chiese possono percorrere per favorire la pace. È una ricerca faticosa che si confronta con le difficoltà che le Chiese affrontano in questo momento. E’ chiaro che il Santo Padre fa rifermento al fatto che gli uomini di Chiesa non possono e non devono mai essere messi in condizione di doversi piegare ad altri poteri se non al volere di Dio.
E quindi cosa può accadere adesso tra le due Chiese?
Conosco il patriarca Kirill da oltre trent’anni, ci siamo incontrati diverse volte anche in Italia. È una persona che credo comprenda il vero senso delle parole del Papa. E ci tengo a dire che non bisogna concentrarsi sulla singola parola detta o non detta ma bisogna anche capire più nel profondo la storia più che millenaria della chiesa ortodossa russa che Kirill in questo tempo guida.
Una storia molto particolare che ha avuto certamente diverse influenze…
Ha vissuto sotto i regimi, come quello sovietico e questo ha comportato per loro molto spesso la mancanza di libertà. Ma la cosa che mi preme sottolineare è che sia la Chiesa ortodossa sia la Chiesa cattolica, hanno un grande desiderio: quello di camminare insieme per favorire la pace.
Il Patriarcato russo adesso parla però di difficoltà nell’instaurare un dialogo costruttivo con la Chiesa cattolica…
Non può essere sempre tutto perfetto: il Papa parla a Kirill come un fratello e tra fratelli ci sono ogni tanto incomprensioni, molto spesso causate da fattori esterni. Sono certo che questi due leader torneranno ad abbracciarsi come hanno già fatto nel 2016 a L’Avana.
Al momento però l’incontro tra il Papa e Kirill previsto a Gerusalemme per giugno è saltato…
Entrambi hanno ritenuto che incontrarsi proprio in questo periodo di guerra potesse creare ambiguità: hanno deciso insieme e sicuramente hanno fatto ciò che è meglio per tutelare i fedeli delle due chiese, il popolo, e soprattutto chi in questo momento sta soffrendo. In latino si dice “quod differtur non aufertur”, ciò che si rimanda non si annulla.
Al Papa però rimane il desiderio di volare a Mosca per incontrare Putin. E con l’occasione potrebbe anche vedere Kirill?
Questo lo decideranno se si creerà l’occasione. Non è un mistero che lo scorso dicembre il Papa abbia detto di esser pronto a recarsi a Mosca, senza necessità di protocolli, per visitare suo fratello Cirillo. Adesso ha parlato anche del desiderio di andare in Russia per incontrare Putin. Sono tutti segnali che devono farci capire quanto papa Francesco voglia farsi messaggero di pace.
Secondo lei ci sono buone possibilità perché il Papa vada realmente a Mosca?
La Santa Sede è al lavoro e credo sia giusto rispettare l’azione diplomatica della Segreteria di Stato. Il Papa è pronto a partire, nonostante i problemi al ginocchio, sta a Putin adesso aprirgli la porta. Speriamo che lo faccia presto.