RESTANO LE VECCHIE REGOLE

Scuola, mascherine obbligatorie fino a giugno: i presidi applaudono | Ma resta il nodo dei prof no-vax

Ha preso il via il piano di ritorno alla normalità voluto dal governo. Nelle scuole, però, rimane l'obbligo della mascherina almeno fino alla fine dell'anno scolastico

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La road map stabilita dal governo Draghi per il ritorno alla normalità prevede delle misure di allentamento che ci porteranno entro giugno a un pressoché definitivo stop a qualsiasi forma di restrizione. Tra queste, dall'1 maggio, c’è soprattutto la fine dell'obbligo di indossare le mascherine quasi ovunque e di esibire Green Pass per accedere in determinati luoghi. Per quanto riguarda la scuola, invece, l’Esecutivo ha per il momento deciso di lasciare inalterata la situazione: con gli studenti dai 6 anni in su continueranno a tenere le mascherine fino alla fine delle lezioni. Una decisione che delude chi si aspettava un ritorno alla normalità pre-pandemica a scuola ma che trova pieno appoggio tra i dirigenti scolastici, come evidenziato dalle parole di Cristina Costarelli, Presidente Associazione Nazionale Presidi (ANP) del Lazio.

I presidi promuovono la decisione del Governo

La rappresentante dei presidi e dirigente scolastica del liceo Newton di Roma, interpellata da Skuola.net, ritiene questa decisione figlia di una riflessione sensata e in linea con il diritto allo studio di tutta la collettività scolastica: "Di fatto - spiega - c'è un motivo che ha portato a questa scelta e che mi sento di condividere, ovvero il rispetto per le fragilità. Per cui se è vero che i ragazzi possono prendere il virus ovunque ed esserne portatori, è importante che a scuola ci sia lo schermo della mascherina che diventa protezione per alunni con patologie particolari, come gli immunodepressi”.

Cosa cambia, dunque, negli istituti? In realtà poco: “Abbiamo conferma - ricorda Costarelli - del fatto che si continuerà a indossare la mascherina fino al termine delle lezioni e per gli esami. Mascherina chirurgica che diventa ffp2 in caso ci siano, in una classe, più di 4 positività”. Nonostante ci sia stato, sottolinea la preside “un grosso movimento a sostenere che fosse opportuno non portare la mascherina a scuola, visto che non si porta quasi più all'esterno”. Anche perché le positività da Covid-19, seppur in calo, non sono sparite: l’ultimo monitoraggio del Ministero dell’Istruzione rileva una percentuale di alunni assenti pari all'1,2%.

Docenti no-vax e certificato Dad: i nodi restano in piedi

I presidi, dunque, promuovono la linea del Governo. Parallelamente, però, ricordano le altre problematiche che le nuove regole potrebbero non risolvere, come quella che riguarda il personale non vaccinato: “Non ci sarà più controllo Green Pass base a nessuno: né personale né esterni”. Ma rimane l'obbligo vaccinale, che secondo la dirigente scolastica apre a un paradosso: “Abbiamo personale ATA non vaccinato che sta a scuola e lavora, così come abbiamo docenti non vaccinati che lavorano 36 ore senza stare in classe. Rimangono quindi in piedi situazioni discutibili, anche a livello economico: paghiamo sia docenti non vaccinati sia il personale che li sostituisce”. Un’osservazione, questa, sollevata già in precedenza dal numero uno nazionale dell'ANP, Antonello Giannelli.

Senza contare la questione del certificato medico per la Dad, che continua a essere una nota dolente. A oggi, per poter usufruire delle lezioni online, è necessario presentare questo documento alla scuola. Una regola che, anziché semplificare, complica le dinamiche all'interno degli istituti e che per questo, secondo Costarelli, dovrebbe essere messa in pensione: ”In una logica di semplificazione, si è da mesi definito che non serve un certificato per rientrare dopo la positività ma basta un tampone. In generale, almeno nel Lazio, si è ritornati alle misure di semplificazione del 2018 per cui non occorre un certificato nemmeno se assenti più di cinque giorni”. Ecco perché agli occhi della preside il certificato per seguire la Dad, da casa, non ha pressoché alcuna ragione d'essere. “In alcuni casi – conclude la Costarelli - questi certificati si pagano, mentre in altri casi i medici non conoscono la normativa. Si vuole semplificare al massimo ma poi si lasciano in piedi misure che semplificative non sono”.