La Francia (ma anche il resto d'Europa) col fiato sospeso per l'esito del ballottaggio che potrerà all'elezione del presidente. Una battaglia all'ultimo voto quella tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen. Da una parte il presidente uscente che punta quindi alla rielezione, un evento che non accade dal 2002 quando all'Eliseo fu nominato per la seconda volta Jacques Chirac; oppure con l'arrivo al potere per la prima volta in Francia di una donna e di una rappresentante dell'estrema destra. Urne aperte fino alle 20 nelle grandi città, alle 18 o alle 19 nei centri più piccoli.
Alle 17 l'affluenza si è attestata sul 63,23%, un dato di oltre due punti percentuali in meno rispetto al 2017. A riferirlo è il ministero dell'Interno della Francia.
Nei sondaggi è leggermente in avanti Macron ma non sono da escludere colpi di scena. Il primo turno di due settimane fa ha disegnato uno scenario per niente risolutivo, lasciando di fatto tutto in sospeso: in testa il presidente uscente con il 27,8% dei voti e al secondo posto la sfidante con il 23,1%. Al terzo posto, però, staccato di appena un punto percentuale, è arrivato il "tribuno" della sinistra radicale della France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, con il 22% delle preferenze.
La sinistra non si schiera apertamente per Macron - Un serbatoio enorme quello dei voti di una sinistra orfana di candidato al ballottaggio, con appena un elettore su tre che ha dichiarato che voterà per Macron. Gran parte dei seguaci della gauche radicale rimarranno a casa, voteranno scheda bianca, o addirittura sceglieranno Le Pen.
Anche l'elettorato di centrodestra è diviso - Analoghe incertezze aleggiano sulla destra dei Républicains, che ha fallito completamente la missione presidenziali presentando Valérie Pécresse per l'Eliseo, finita sotto quota 5%. Anche a destra, l'enorme serbatoio moderato si dovrebbe in gran parte dividere fra chi vuole comunque fare argine all'estrema destra e chi era più vicino al polemista Eric Zemmour che non ai moderati.
Incognita astensione - I sondaggi della vigilia ipotizzano un'astensione che per il ballottaggio sarebbe record, fra il 25 e il 30%, una quota che peserebbe come un macigno sulle intenzioni di voto assegnate ai due candidati in queste due settimane: fra il 53 e il 57% per Macron, fra il 43 e il 47% per la Le Pen, sempre con un margine del 3-3,2% di errore. Per il presidente uscente, un possibile distacco che resta comunque molto inferiore al 66% con il quale si aggiudicò l'elezione cinque anni fa, relegando l'avversaria al 34%. Fino all'ultimo comizio o all'ultimo incontro elettorale, i due candidati hanno esortato i propri sostenitori ad andare a votare senza dare ascolto ai sondaggi.
Nel faccia a faccia televisivo di mercoledì, una netta maggioranza - il 59% contro il 39% - ha dichiarato di aver apprezzato più Macron di Le Pen. Forte lo scontro fra i due soprattutto sui temi economici, sulla sicurezza, sulla scuola, sulle pensioni. Da segnalare, a sinistra, il proclama di Mélenchon che si è "candidato" primo ministro invitando i suoi a votare in massa alle legislative di giugno, che eleggeranno il nuovo parlamento. Alla domanda su quale presidente preferirebbe fra i due in lizza per la "coabitazione", non ha espresso alcuna scelta. Secondo molti analisti, sarà più che mai importante il rinnovo del parlamento, che in Francia viene definito "il terzo turno", poiché mai come in questo caso ci sono tutte le premesse per una maggioranza parlamentare diversa da quella presidenziale.
L'attesa della Ue - A prestare molta attenzione all'esito del ballottaggio francese c'è quasi tutta Europa. Macron non è solo il presidente di turno del semestre Ue ma, con la fine dell'era Merkel, è anche uno dei (pochi) leader al quale Bruxelles fa riferimento per trovare una solida sponda. Una sponda più che mai cruciale con l'Europa invischiata nella guerra in Ucraina. A Bruxelles, nonostante i sondaggi diano il presidente uscente in vantaggio, più di un analista mette in guardia gli ottimisti ricordandogli cosa è accaduto con la Brexit e con la vittoria di Donald Trump negli Usa.
Nel resto d'Europa la guerra in Ucraina ha mutato la prospettiva in diversi Paesi. Se in Ungheria non è un mistero che il governo faccia il tifo per Le Pen, nella Polonia di Mateusz Morawiecki, ai ferri corti con l'Ue fino a non molte settimane fa, pesa l'amicizia della leader di Rassemblement National con Mosca. Certo, anche nell'Ue il sì a Macron non è privo di critiche. Nel Ppe, avrebbero preferito una sfida tra il presidente uscente e la repubblicana Valerie Pecresse. E i Verdi faticano a perdonale il ruolo che l'inquilino dell'Eliseo dà all'energia nucleare. Ma davanti al muro populista la grandissima parte della cosiddetta "maggioranza Metsola" farà il tifo per un solo nome: Macron.