storie di moda

Caterina Moro. Abiti come opere d’arte che impreziosiscono il corpo

La stilista romana propone una visione poetica del vivere quotidiano attraverso capi sartoriali dalle lavorazioni innovative

di Elena Misericordia

Ricerca dei materiali, sartorialità del prodotto e innovazione dei processi di lavorazione, abbinati all’amore per il colore e alla cura del dettaglio, queste le cifre stilistiche del brand Caterina Moro

L’omonima fondatrice e designer, una laurea in Musicologia e Beni Musicali e un Master in Haute Couture, fa del suo inusuale background il proprio punto di forza, guardando al mondo della moda con un’attitudine sperimentale.

Il cuore della collezione SS ’22 è il Giglio di Mare, un fiore che trova terreno fertile sulle spiagge del Mediterraneo, scomparendo in inverno sotto la sabbia e riemergendo con vigore nella stagione calda. Simbolo di resistenza alle avversità, emblema di un concetto rinnovato di tenace bellezza, che fiorisce anche nei luoghi più ostili, come un muro sporco o una duna di sabbia, il giglio ingentilisce i capi firmati Caterina Moro attraverso stampe realizzate con colori organici su lino e seta grezza.

La plissettatura si accosta al tessuto street per eccellenza, il denim, in questo caso intarsiato ad aerografo, ma anche a tessuti leggeri e impalpabili come il georgette, reinterpretato per l’occasione in poliestere riciclato.

Ancora, piccoli e intimi drappeggi impreziosiscono abiti e completi, mentre una capsule di maglieria jacquard in cotone organico e in fettuccia di seta completa la collezione. I tessuti, Recovered Fabrics certificate Wastemark, sono il segno concreto dell’impegno green del brand: un lusso intimo e sostenibile, in armonia con il pianeta. 

Forme morbide e sinuose vestono una donna dinamica, non convenzionale e sicura di sé, donandole un’allure poetica, senza però tralasciare leggerezza e comodità, per accompagnarla con disinvolta naturalezza nelle attività del vivere quotidiano.

Chi è Caterina Moro? Quali sono le tue origini e qual è stato il tuo percorso di formazione?
 
Sono nata a Roma da una famiglia di studiosi ed intellettuali, che amavano la musica classica più di Vogue. Sono laureata in Musicologia alla Sapienza e in Canto Lirico al Conservatorio di Santa Cecilia. Per anni ho lavorato come musicista sentendo...una nota stonata! Quando ho capito di non essere davvero me stessa in quei panni perché la mia più intima passione era sempre stata la moda, ho cominciato a prendere lezioni serali di disegno e modellistica ed ho fatto l'application per un Master in Alta Moda e Fashion Design all'Accademia di Costume e Moda di Roma. Durante il Master, sono stata selezionata tra i talents del mio anno ed ho così avuto l’opportunità di far sfilare la mia prima capsule collection al Fashion Graduate Italia. La collezione ha ricevuto ottimi feedback e da lì è partito il mio nuovo percorso. 

Quando e com’è nato il brand che porta il tuo nome? 

Caterina Moro è nato alla fine del 2018, dopo il successo della mia capsule al Fashion Graduate e grazie anche all'incoraggiamento di due insegnanti dell'Accademia, che hanno creduto in me e mi hanno spinta ad intraprendere questa strada. La SS 2019 è stata la mia prima collezione. Nel mio marchio ho trasferito il mio percorso personale: l’amore per l'arte e la natura, per le cose che durano nel tempo e che respirano… come la musica.

Quali sono le cifre stilistico-distintive dei tuoi capi?
 
Mi piace definire i miei pezzi "Textile Art for Human Bodies": piccole opere d'arte, che trasformano in senso armonioso il corpo di chi le indossa; non perché io mi senta un'artista, ma perché l'arte volge lo sguardo verso il mondo che sento appartenermi. L'arte crea qualcosa di eterno, che dura nel tempo e che acquista valore con gli anni. Trasmette dei valori, un pensiero, delle sensazioni. Non mi piace la parola “trend”: qualcuno decide qualcosa e tutti gli vanno dietro. Che senso ha? Non fa per me e per questo adoro l'Alta Moda. Nel mio piccolo, cerco di riportare questo approccio su capi indossabili nelle nostre vite di tutti i giorni: lavoro con il plissé e con le stampe, collaboro spesso con artisti – come Lucamaleonte, Germano Serafini, Caterina Serra Zanetti o Carina Soh –, sperimento nuovi materiali, come il denim plissé della mia prima collezione, i ricami e le frange in legno riciclato della mia FW 2020 o i tessuti grezzi stampati con colori organici della SS 2022. 

Veniamo quindi alla tua collezione per questa primavera-estate. Come mai il Giglio di Mare? Cosa simboleggia per te questo fiore?
 
La SS 2022, Pancratium Maritimum, nasce da una storia di resilienza e dall'incontro con lo street artist romano Lucamaleonte. Amo questo artista. Stavo facendo un sopralluogo a Ostiense, alla ricerca di un suo murales, che volevo usare come sfondo per uno shooting: un giglio bianco dipinto su un muro sporco. Non trovandolo, ho contattato direttamente l’autore per chiedergli l'esatta ubicazione dell'opera; è stato così che ho scoperto che era stata cancellata in seguito a dei lavori. Qualche giorno dopo, gli ho proposto la collaborazione che poi ha dato vita alla collezione. Così il Giglio di Mare è diventato il simbolo della mia primavera-estate: un fiore che d'inverno si nasconde sotto la sabbia e resiste alle avversità, mentre in estate fiorisce sulle dune. Come la bellezza, che sboccia dove meno te l’aspetti, anche noi, dopo essere passati attraverso gli orrori di questa pandemia, ora rivendichiamo il nostro diritto alla vita.

Che importanza assumono colori e materiali nell’ambito della tua produzione? In cosa si manifesta il tuo impegno green? 

Ragiono molto sulle mie cartelle colore e sono maniacalmente selettiva nella scelta dei tessuti. Fin dalla mia prima collezione nel 2019, in cui ho usato il denim sostenibile di Berto Industria Tessile, ho lavorato per rendere il mio brand sempre più green: negli anni ho aggiunto i tessuti Wastemark (pezze di stock delle grandi aziende tessili italiane, recuperate prima di andare al macero), i ricami in legno riciclato, le stampe con colori organici, la maglieria in cotone biologico, la lana certificata RWS. Per i miei plissé uso twill e georgette in poliestere recuperato, derivato dai tappi delle bottiglie di plastica. Nella mia ultima collezione ho sperimentato due novità: l’Econyl Suede, un nylon riciclato derivato dalle reti da pesca, e pelli naturali, prodotti di scarto dell'industria alimentare, impresse con fiori e piante dall'artista svedese Carina Sohl, attraverso un processo assolutamente eco-friendly. Le mie spedizioni sono fatte con packaging riciclato. Madre Natura è la più grande artista ed è da lei che ho tratto le mie migliori palette e combinazioni cromatiche: rispettarla è anche il mio modo di ringraziarla. 

A quale figura femminile ti rivolgi? 

A donne – e non solo – che come me amano l'arte più dei trend e che vogliono portare un po’ di respiro e di poesia nelle loro frenetiche vite quotidiane. Ho sempre immaginato la donna Caterina Moro ferma sulla pensilina della metro o in un aeroporto, con un trench pieghettato o un completo ricamato in legno riciclato, che la avvolge come una musica che solo lei può sentire, affinché la protegga dalle brutture della vita, proprio come un'armatura, anche se fatta di organza di seta o di twill plissé. 

Chi è Caterina nella vita privata? Interessi e passioni nel tempo libero? 

Sono un’anarchica travestita da persona perbene, che non ha nessuna voglia di trovare un senso a tutte le sue contraddizioni. Ma sono anche una persona normalissima. Nei miei innumerevoli viaggi in macchina tra Roma e Milano, trasportando abiti e tessuti, spesso canto: accendo lo stereo a tutto volume e rispolvero tutto il mio vecchio repertorio lirico…Mozart, Rossini, Handel. Chissà se prima o poi, quando avrò un po’ di tempo, ricomincerò a fare qualche concerto… Mi piace evadere nel verde, spesso vado in montagna con mio marito, a cui ho trasmesso questa passione; adoro arrampicarmi sui monti con la mia attrezzatura vecchia di 20 anni ed essere… fuori moda! Vedo mostre di tutti i tipi, amo scoprire artisti emergenti e girare per Roma: ci sono tante realtà molto interessanti. Mi piace vestirmi. Ormai da anni indosso solo i capi del mio marchio, non per essere snob ma…se non ci credo io per prima, chi ci deve credere? Mi piace anche andare a cena fuori. Dico sempre a mio marito che “i miei vestiti volevano uscire”. Ho due gatti, uno bianco e uno nero, che come me amano il divano e le serie crime di Netflix. Coltivo piante, con il sogno di creare prima o poi una mia serra e il mio giardino, come Dries Van Noten, uno degli stilisti che amo di più. La mia nuova fissazione sono i bonsai. E poi adoro viaggiare… la pandemia purtroppo ci ha rallentati. Il mio weekend non comincia senza il mio rituale: il sabato mattina vado in edicola, compro Vogue, L'Officiel e tutte le riviste che trovo. Mi siedo al mio bar preferito e le leggo con calma, "pucciando" i brownies nel cappuccino. Nessuno mi deve disturbare, poi la giornata può cominciare!
 

Cosa sogni per il tuo futuro? E per quello del tuo brand? 

Mi piacerebbe riuscire a comunicare al mondo la mia personale idea di moda, intesa come “Textile Art for Human Bodies”, collaborare con nuovi artisti, sperimentare ancora di più, anche sul modo di presentare le collezioni. Questo è un periodo di fermento, ci sono nuovi materiali, nuove tecniche, nuove possibilità.  Mi affascina la moda virtuale, anche se devo ancora trovare il mio modo di collocarmi al suo interno. Mi piacerebbe far crescere il marchio, approdare in paesi dove Caterina Moro non è ancora arrivato. E poi c’è il mio sogno nel cassetto… un piccolo flagship store nel centro di Roma, la mia città. Un posto che sia non solo un negozio, ma anche un punto di incontro con artisti, un luogo dove possano nascere nuove collaborazioni.