Nove Maggio. E' dall'alba del 24 febbraio che questa data rimbalza tra le notizie sulla guerra in Ucraina. E se per i più, qui in Italia, questa data non aveva alcun significato, l'aver collegato proprio il 9 Maggio, il Den’ Pobedy, la Giornata della Vittoria dell'Armata Rossa sulla Germania di Hitler alla fine della Grande Guerra Patriottica, come viene chiamata in Russia la Seconda Guerra mondiale, al progetto putiniano sull'Ucraina ha un suo perché. Per i russi, in primis. E di riflesso anche per me, per un periodo professionale e personale legata alla Russia. Una data, dunque, non pronunciata a caso, come tutti i riferimenti finora utilizzati dal Cremlino nell'ambito dell'operazione militare speciale in corso nella martoriata Ucraina. Una data che ho vissuto da vicino dieci anni fa, per comprenderne la portata.
Il 9 Maggio è tra le Giornate più importanti del calendario civile russo ed ha acquisito sempre maggior valore in era putiniana. Arriva dopo la Festa del Lavoro del Primo Maggio e rientra in quel pacchetto di vacanze primaverili che, di weekend in weekend, può allungare le "festività" fino al 12 giugno, il Giorno della Russia, in ricordo della sua indipendenza nel 1990.
Non è una leggenda: i russi amano dire che il 9 Maggio a Mosca non piove mai e la monumentale parata di terra e in cielo si salva sempre, niente maltempo, le nuvole vengono allontanate dalla capitale. Per l'occasione, infatti, una decina di aerei militari entra nella troposfera per controllare l'andamento delle perturbazioni e disperdervi miscele di ioduro d’argento, ghiaccio secco e cemento perché le precipitazioni si allontanino.
Lo ricordo bene quel mio primo 9 Maggio a Mosca. Dieci anni fa, era il 2012 ed era la 67ma Giornata della Vittoria. Non arrivava in un momento facile per la storia recente russa. Due giorni prima si era svolta in pompa magna la cerimonia di insediamento al Cremlino di Vladimir Putin, presidente della Federazione per il terzo mandato. Il tandem con Dmitry Medvedev premier era riuscito, anche quella volta. Nonostante da mesi fosse in corso la cosiddetta Rivoluzione bianca, il cui unico risultato, però, fu via via un inasprimento delle norme sulle manifestazioni. E anche alle mie orecchie di osservatore esterno diventavano sempre più noti i nomi di Navalny, Akunin, Nemcov, paladini dell'opposizione. E quel 9 Maggio 2012 il cielo non era terso, realmente e metaforicamente.
Mi trovavo in Russia per la terza volta in un anno e sarei rimasta a lungo a Mosca. E, dunque, per la prima volta nella mia vita, avrei partecipato a quella Giornata che, con l'ultimo trionfo elettorale putiniano, aveva un sapore sempre più nazionalista che patriottico. Ai miei amici russi non mancava occasione per parlarmi della Grande Guerra e della loro vittoria, così poco sottolineata dai libri occidentali. Un sacrificio costato milioni di vite e milioni di mutilati nelle case sovietiche, nelle loro famiglie. "Sai, chi non ha avuto un parente ucciso, disperso o mutilato?", mi ripetevano. Quel 9 Maggio, per Mosca, era una cerimonia da quattro milioni di dollari.
Arriva la sera dell'8 maggio e un'amica mi invita a cena in centro, prospettandomi una lunga notte per assistere a qualcosa di unico. Senza altri particolari. Voleva stupirmi. Ovunque i simboli dell'anniversario, il tricolore russo, il nastro di San Giorgio. Sapevo che da giorni il centro di sera era interdetto per le prove della parata del 9 Maggio, non potevo immaginare che mi sarei ritrovata nel bel mezzo delle prove generali.
Riesco ad arrivare per strade secondarie fino in Piazza Rossa. Resto al di là della transenna: vedo pronti il palco centrale e gli spalti davanti al Mausoleo di Lenin. Solo per invitati. E passeggio tutta la notte a lato delle grandi strade che si snodano da piazza del Maneggio, Ultitsa Ilinka, Tverskaya, Nikolskaya, mentre sfilano centinaia di mezzi di artiglieria pesante, tra cui carri armati T-90, Iskander e S-400 Triumph, lanciarazzi e veicoli corazzati, missili intercontinentali e anche nucleari, uomini in alta uniforme (14mila): l'espressione migliore di quello che fino a ieri era considerato il secondo esercito più forte del mondo. Non solo. Per la prima volta avrebbero partecipato alla cerimonia anche i blindati Lince Iveco, i primi veicoli stranieri ammessi. Ma ancora più importante quell'anno fu lo schieramento del "Reggimento Immortale", appena costituito: uomini e donne con le foto di un parente che ha combattuto contro i nazisti. Anche il presidente Putin, da quella volta, prende parte alla marcia con un ritratto del padre. Davanti a tutti il fastoso Reggimento Presidenziale.
Io non avevo mai visto in vita mia un carro armato o un missile così da vicino, neanche in un museo; gli armamenti non sono mai stati di mio interesse e spesso, durante la permanenza in Russia, avevo declinato senza rimpianto inviti a partecipare a fiere di Militaria, così di gran moda lì.
Certo, di notte, la sfarzosa suggestione della grande parata del 9 Maggio è un po' smorzata, ma l'indomani sarebbe stato davvero difficile partecipare. Tutto blindato, metal detector dappertutto, 20mila poliziotti per strada a garantire l'ordine pubblico, agenti pronti a sparare dalla torre Spasskaya del Cremlino: era ancora troppo calda la piazza dell'opposizione dopo mesi di proteste, troppo forte l'eco del terrorismo caucasico che aveva colpito l'ultima volta la capitale nel gennaio 2011.
Ma la festa riuscì, per fortuna, senza incidenti. Con tutti i fantasmi dell'ex Urss a raccolta. C'erano anche i cosacchi nella grande parata, insieme a uniformi storiche sovietiche e pistole mitragliatrici PPsh e più recenti fucili d'assalto AK-12. D'altronde, per ogni singolo soldato è un onore essere scelto per sfilare in Piazza Rossa quel giorno: una medaglia, una settimana di ferie e un aumento in busta paga. Fiori per i veterani.
In quel V-Day Putin nel suo intervento rimarcava gli importanti investimenti militari. Mostrava i muscoli, già allora, pur garantendo un futuro pacifico al Paese. Alle mie orecchie, dieci anni dopo, risuonano sinistre quelle parole, sulla soglia di una Terza guerra mondiale, nucleare.
"Prega per il popolo ucraino e per il popolo russo", mi hanno scritto all'alba del 24 febbraio i miei amici russi, ucraini e russi con origini ucraine. E' così che i miei occhi si sono spalancati sull'impotenza di questa guerra quantomai assurda.