Ormai non ci stupiamo neanche più: la plastica è nelle nostre strade, nel nostro piatto e ora perfino nell’aria che respiriamo.
Che le microplastiche finissero addirittura nei nostri polmoni si sapeva già. Però fino ad ora le tracce erano state rilevate solo nel sistema respiratorio di alcune persone decedute. Nel Regno Unito invece per la prima volta i campioni sono stati prelevati direttamente da pazienti ancora in vita. In più nessuno prima d’ora aveva analizzato la quantità e la composizione dei minuscoli frammenti.
Lo studio è stato condotto dall’Università di Hull, che ha così confermato l’allarmante diffusione dei minuscoli frammenti (cinque millimetri di diametro) ormai in tutti gli ambienti. Le particelle sono state trovate nella parte più profonda dei polmoni, dove sorprende che ci siano materiali estranei di quelle dimensioni relativamente grandi. Le microplastiche più diffuse tra i campioni sono quelle di polipropilene, usato per gli imballaggi di plastica, e di polietilene tereftalato (PET), impiegato in particolare nella produzione delle bottigliette.
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Non è ancora chiaro che effetti possa avere sull’organismo la lunga esposizione a frammenti simili. In ogni caso la scoperta britannica conferma il grave problema dello smaltimento della plastica e della sua dispersione nell’ambiente. Non solo nei centri urbani o nelle zone particolarmente inquinate, ma anche negli spazi aperti lontani dalle città. L’esposizione alle microplastiche è inevitabile. Secondo i ricercatori di Hull, infatti, i risultati della ricerca non solo evidenziano la presenza dell’inquinamento, ma suggeriscono che l’inalazione delle microplastiche sia ormai regolare. In altre parole, le particelle sono ovunque e noi ne siamo costantemente esposti.